Ripropongo un’autrice che amo molto. Che, tuttavia, va assunta, credo, a piccole dosi. Ma con regolarità.
A suo modo, un’autrice, forse, pericolosa: non si è più gli stessi dopo averla letta; in particolare, attraverso le pagine di questo suo libro. Qualcosa, chiuso il libro, sarà cambiato in noi. Ci sarà stato regalato (con lo stupore, anche con qualcosa che può essere assimilato al dolore di una rinascita) un nuovo sguardo sul mondo, liberato dalla foschia dei nostri giorni affannati.
Janet Frame, “Verso un’altra estate“, Neri Pozza Editore 2012
…e dalla loro baia tormentata/ Svaniscono i chiurli verso un’altra estate./ Ovunque tra luce e quiete mormora/L’ombra della partenza: l’orizzonte ci guarda;/ E nessuno sa dove andrà a coricarsi la notte. (Charles Brasch, da “The Islands“)
Tra le opere di Janet Frame, questo è il romanzo-racconto che l’autrice non ha voluto fosse pubblicato finché lei era in vita. Lo considerava troppo “personale”.
Lo è: per tutti e per ciascuno a modo proprio, nel modo in cui i fantasmi che ognuno porta dentro di sé leggono il proprio mondo e i modi del proprio posto nel mondo.