Un Nuovo Anno è iniziato: momento di bilanci e nuovi progetti; di lettura, beninteso, ma non solo.

I libri stanno nel mondo, interagiscono con il mondo; producono, modificano, pensieri e azioni. I libri parlano con noi e costruiscono percorsi, strade da percorrere per il nostro tempo. Sono, dunque, futuro – contengono ricerca e, con essa, speranza, progetto; un domani da vivere, non foss’altro per finir di leggere una storia.

Senza un futuro non c’è lettura: si è mai sentito di qualcuno che abbia atteso la propria morte leggendo? Che abbia detto aspetta un momento, fammi finire il capitolo?

Thomas Mann, “La montagna incantata”, Corbaccio 2011

Avevo anticipato questa rilettura in corso più di un mese fa. (qui: per una breve sinossi).

Ora, lungi da me l’idea, non osabile, di una recensione di questo capolavoro, e invece il desiderio di raccontare sprazzi di un’esperienza di lettura; unica, frutto, certo, di un “incantesimo” che l’autore ha operato: su di me. Su di sé? Per fuggire il mondo che, dopo la tragedia della Grande Guerra, vedeva evolvere in pazzia una pace mai stata.

L’anno nuovo ha accumulato libri sul mio tavolo. Regali e auto-regali.

Nel mentre, sto ancora leggendo “La montagna incantata”, intercalandone la lettura con qualche racconto, romanzo breve, con qualche spezzone di vecchi libri improvvisamente desiderati, con un piacere e un ritmo lento inusuali.

Il libro di Thomas Mann narra la vicenda di Hans Castorp, giovane ingegnere amburghese, deuteragonista il cugino Joachim Ziemssen, suo coetaneo, militare di carriera, che si trovano ricoverati nel sanatorio Berghof a Davos sulle montagne della Svizzera.  Fanno da contorno alla loro storia, oltre a dei comprimari, spezzoni di altre vite, di medici e pazienti, dentro un tempo sospeso.

È probabile, quasi certo, che la libraia virtuale si prenderà un periodo di ferie, fino alla conclusione dell’anno. Magari non del tutto, ma per lo più. Salvo fatti, o letture, eccezionali, di cui non possa trattenersi dal dar conto immediato.

La libreria, ovviamente, rimane sempre aperta ai visitatori, sempre graditissimi: è il grande vantaggio del virtuale. Rimarrà naturalmente sempre attiva anche l’attenzione alle novità che gli altri blog amici proporranno, e il colloquio, il confronto. Solamente, non troverete, per il momento, nuove proposte di lettura, che cercherò, nel caso, di accumulare per un buon avvio del nuovo anno.

Dubito che questo pezzo abbia un senso, ma mi va di condividerlo. Suggerito da una conversazione privata, uno scambio sul tema della dipendenza, nella fattispecie dal fumo, e sull’opportunità di abbandonarla, ha dato luogo a un mio, privatissimo, momento di gioco a ritrovare, in letteratura, momenti di sostegno alla mortifera e piacevole pessima abitudine. Pezzetti d’autore che desidero condividere, in allegria, pure se il tema, poi, passando a parlare di libri, non ha alcunché di piacevole.

Pare che le mie letture non vogliano abbandonare il loro disordine; che tuttavia lascia intravedere, qua e là, qualche sprazzo di luce. Sto, mi pare, passeggiando nel bosco; e nel folto degli alberi, dove sentieri solo intravisti si intersecano, un sottobosco di desideri discordanti, curiosità passeggere, umori altalenanti, impedisce l’orientamento.

Non è un brutto stare, conoscendo che – accade sempre – il fitto si diraderà, suggerendo una vicina uscita alla luce; quando riapparirà un sentiero per il paese di Proprio Là, dove, senza saperlo, eravamo diretti.

Wolfram Eilenberger, “Il tempo degli stregoni. 1919 – 1929. Le vite straordinarie di quattro filosofi e l’ultima rivoluzione del pensiero”, Feltrinelli 2018

Traduzione dal tedesco di Flavio Cuniberto[i]

 

È stata una lettura lenta, godibile e goduta. È stata pure una lettura che mi ha suscitato un qualche disagio, una qualche riserva mal chiarita, anche mentre mai avrei lasciato la pagina che, lungo tutto il libro, mi teneva avvinta.

È stata una lettura che ha provocato in me una vera e propria urgenza di altri libri da leggere; che ha provocato la riemersione di testi abbandonati da tempo e di testi mai letti, da recuperare.

È stata dunque una lettura fruttuosa. Segnata tuttavia da una riserva, unita al timore di scoprirmi ingenerosa, di scoprirmi a volere la luna. Capita, quando un libro suscita speranze eccessive, per qualche motivo indecifrabile, anche solo per un buon incipit, come questo: