… e il gioco continua

Peter_Hopkirk_il grand egiocoPeter Opkirk, Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia Centrale, Adelphi Edizioni 2013 (Quarta edizione)

La pubblicazione da parte di Adelphi della quarta edizione in tre anni di quest’opera di Peter Opkirk è un’indicazione sulla fondamentale inutilità di recensire un testo che ha con ogni evidenza già un vasto e meritato pubblico. Tuttavia, questo lunghissimo racconto non è mai abbastanza letto, mentre ci troviamo in pieno “Secondo Grande Gioco” e, come scrisse Opkirk nel 1997 a chiusura della nuova prefazione, “potrebbe succedere di tutto e avanzare previsioni sarebbe non soltanto azzardato ma anche stupido

Infatti, è successo e sta tuttora succedendo di tutto. Talvolta penso che conosciamo così poco la geografia e la geopolitica del nostro mondo che neppure ce ne accorgiamo, quantomeno non per quanto riguarda la nostra personale vita, come se la pensassimo immune da ciò che avviene in luoghi che per noi sono un esterno “altrove”.

Ed è importante ricordare che la carta geografica dell’Europa è stata il principale hub per la carta geografica del Medio Oriente e di buona parte dell’Africa, anche se oggi tendiamo a dimenticare il legame tra i problemi attuali di quella zona (a partire dal problema palestinese) e il dissolvimento dell’Impero Ottomano, con il protettorato su quei territori (Siria, Palestina, Transgiordania e Iraq) assegnato a Francia e Gran Bretagna dopo la Grande Guerra, con tutto ciò che da allora è seguito. Abbiamo dimenticato il ruolo della Gran Bretagna nel Grande Gioco, che era formalmente finito (si fa per dire) solo un decennio prima.

Abbiamo ora il Nuovo Grande Gioco, conseguente al fatto che ogni assetto è stato una fase di passaggio in cui ogni interprete ha giocato a fingere pro domo sua, ha stretto e sciolto alleanze e dichiarazioni di amicizia tattiche e false, o quantomeno prevedendo di poterle falsificare in seguito, o quantomeno nella sicurezza-speranza di non essere chiamato a mantenerle, o comunque non mantenendole, sapendo come nessuno, in fondo, si aspettasse davvero ciò.

E ora il racconto di Opkirk. Un libro ‘enorme’ non tanto in termini di spessore, sono quasi seicento pagine, quanto in termini di contenuto, di informazione, di narrazione dettagliata di fatti da parte di uno scrittore che è primariamente un giornalista e come tale scrive: i fatti, le storie, il quadro di riferimento che serve a far comprendere il significato degli stessi, una scrittura essenziale e tuttavia molto accattivante, capace di tenere e trattenere il lettore, segnata da una lieve ironia quando, e accade spesso, si tratta di motivare le scelte da parte di un governo, di un più o meno alto comando militare, di una diplomazia.

Opkirk narra principalmente la storia di uomini che sono andati allo sbaraglio, all’avventura, alla scoperta di nuove terre e nuovi popoli, e che hanno fatto ciò ad occhi aperti, per conto dei loro governi. Narra di territori al tempo sconosciuti, di cui mancavano mappe, a tutt’oggi mal conosciuti dai più: quando parliamo dell’Afghanistan, siamo ancora incerti, se non sulla sua collocazione geografica, certamente sulla storia che da almeno due secoli lega le sue vicende – e soprattutto le sue disgrazie – all’Europa, all’Occidente; nel primo grande gioco non erano ovviamente presenti gli Stati Uniti d’America che oggi hanno sostituito l’ex Impero Britannico (formalmente scomparso solo dal 1 luglio 1997, con il ritorno di Hong Kong alla Cina: l’Inghilterra non ci si è ancora abituata) mentre gli altri stati europei colonialisti hanno cessato (ma non proprio del tutto) di essere tali. Cambiato l’interprete, la trama resta uguale.

Opkirk narra con grande rispetto di quegli uomini, della loro sete di conoscenza, di avventura, narra il contrasto tra le loro vite (e le loro morti) e le preoccupazioni e gli impegni delle cancellerie, che peraltro quegli uomini conoscevano bene, e dunque non sono stati mandati allo sbaraglio – e a grandi vittorie che sarebbero dovute essere impossibili – ad occhi chiusi. Quegli uomini sapevano, e volevano, e ci hanno messo la vita, senza peraltro perdere di vista la carriera. Erano uomini incredibili, appartenenti a una società falsa, bugiarda, violenta, che si ammantava di civiltà in opposizione a piccole realtà fragili la cui grande difesa consisteva nell’abitare territori ostili, difesi da montagne invalicabili, da deserti, da mantenere sconosciuti agli europei, popoli la cui violenza era brutale ma diretta.

Narra la continuità delle politiche: conseguenti, oltre che a grandi interessi per territori tra i più ricchi del mondo, a fattori socio-culturali che, nei secoli, sembrano inestirpabili. Come la continuità degli interessi occidentali. Narra le guerre commerciali, condotte con l’aiuto delle cancellerie, delle diplomazie, delle cannoniere e degli eserciti, per la conquista di mercati, tra il mondo britannico e il mondo russo (rappresentato dallo zar, dall’URSS o dall’attuale stato russo, fa lo stesso, le differenze ideologiche sono scuse, come le religioni).

Resta l’importanza del comprendere le poste in gioco, gli interpreti, gli interessi, e in tutto questo, dentro i comportamenti miserabili, falsi, opportunisti, di ogni interprete, leggere degli uomini, dei singoli protagonisti di quella storia, che si stagliano e giocano le loro vite.

Questo libro racconta una storia di uomini eroici e affascinanti, improbabili nella loro verità; lo fa raccontandoci da quale storia veniamo e offrendoci la possibilità di comprendere come, su quali vie, quella storia continua.

Per chi non lo abbia già fatto, assolutamente da leggere.