ad acquistare QUEL libro, proprio quello, fresco di stampa, del TUO autore. Proprio lui.
Italo Calvino, «Se una notte d’inverno un viaggiatore», Einaudi 1979, pag. 5 – 6:
«Già nella vetrina della libreria hai individuato la copertina col titolo che cercavi. Seguendo questa traccia visiva ti sei fatto largo nel negozio attraverso il fitto sbarramento dei Libri Che Non Hai Letto che ti guardavano accigliati dai banchi e dagli scaffali cercando di intimidirti. Ma tu sai che non devi lasciarti mettere in soggezione, che tra loro s’estendono per ettari ed ettari i Libri Che Puoi Fare A Meno Di Leggere, I Libri Fatti Per Altri Usi Che la Lettura, I Libri Già Letti Senza Nemmeno Bisogno D’Aprirli In Quanto Appartenenti Alla Categoria Del Già Letto Prima Ancora D’essere Stato Scritto. E così superi la prima cinta dei baluardi e ti piomba addosso la fanteria dei Libri Che Se Tu Avessi Più Vite Da Vivere Certamente Anche Questi Li Leggeresti Volentieri Ma Purtroppo I Giorni Che Hai Da Vivere Sono Quelli Che Sono. Con rapida mossa li scavalchi e ti porti in mezzo alle falangi dei Libri Che Hai Intenzione Di Leggere Ma Prima Ne Dovresti Leggere Degli Altri, dei Libri Troppo Cari Che Potresti Aspettare A Comprarli Quando Saranno Rivenduti A Metà Prezzo, dei Libri Idem Come Sopra Quando Verranno Ristampati Nei Tascabili, dei Libri Che Potresti Domandare A Qualcuno Se Te Li Presta, dei Libri Che Tutti Hanno Letto Dunque È Quasi Come Se Li Avessi Letti Anche Tu.
Sventando questi assalti, ti porti sotto le torri del fortilizio dove fanno resistenza
i Libri Che Da Tanto Tempo Hai In Programma Di Leggere,
i Libri Che Da Anni Cercavi Senza Trovarli,
i Libri Che Riguardano Qualcosa Di Cui Ti Occupi In Questo Momento,
i Libri Che Vuoi Avere Per Tenerli A Portata Di Mano In Ogni Evenienza,
i Libri Che Potresti Mettere Da Parte Per Leggerli Magari Quest’Estate,
i Libri Che Ti Mancano Per Affiancarli Ad Altri Libri Nel Tuo Scaffale,
i Libri Che Ti Ispirano Una Curiosità Improvvisa, Frenetica E Non Chiaramente Giustificabile.
Ecco che ti è stato possibile ridurre il numero illimitato di forze in campo a un insieme certo molto grande ma comunque calcolabile in un numero finito, anche se questo relativo sollievo ti viene insidiato dalle imboscate dei Libri Letti Tanto Tempo Fa Che Sarebbe Ora Di Rileggerli e dei Libri Che Hai Sempre Fatto Finta D’averli Letti Mentre Sarebbe Ora Ti Decidessi A Leggerli Davvero.
Ti liberi con rapidi zig zag e penetri d’un balzo nella cittadella delle Novità Il Cui Autore O Argomento Ti Attrae. Anche all’interno di questa roccaforte puoi praticare delle brecce tra le schiere dei difensori dividendole in Novità D’autori Di Argomenti Non Nuovi (per te o in assoluto) e Novità D’autori O Argomenti Completamente Sconosciuti (almeno a te) e definire l’attrattiva che esse esercitano su di te in base ai tuoi desideri e bisogni di nuovo e di non nuovo (del nuovo che cerchi nel non nuovo e del non nuovo che cerchi nel nuovo).
Tutto questo per dire che, percorsi rapidamente con lo sguardo i titoli dei volumi esposti nella libreria, hai diretto i tuoi passi verso una pila di «Se una notte d’inverno un viaggiatore» freschi di stampa, ne hai afferrato una copia e l’hai portata alla cassa perché venisse stabilito il tuo diritto di proprietà su di essa.
Hai gettato ancora un’occhiata smarrita ai libri intorno (o meglio: erano i libri che ti guardavano con l’aria smarrita dei cani che dalle gabbie del canile municipale vedono un loro ex compagno allontanarsi al guinzaglio del padrone venuto a riscattarlo), e sei uscito.»
Vero, oggi, forse, una libreria non è più questo. Quantomeno lo è di rado. Sul libro fresco di stampa oggi ci inciampi entrando. Tutto è predisposto perché tu veda solo le novità, e non raggiunga qualsiasi altro libro, uno qualunque dei tanto spregiati long sellers, impacchettati sui muri e indistinguibili, se non ad occhi molto esperti, da una tappezzeria. Vedrai il libro, la Casa Editrice, che cerchi, se e solo se appartieni a quel tipo di misantropo personaggio cieco a tutto ciò che lo circonda che non sia di suo interesse immediato, neppure se lampeggia come la vetrina del negozio Tiri Vispi Wesley a Diagon Alley (e per chi non sa di cosa parlo, leggetevi la saga di Harry Potter, tutta, perché la faccenda sta verso la fine).

E tuttavia, una libreria viene ancora vissuta così, deve esserlo, nella traduzione che ne compie il desiderio di chi ama tale luogo. Anche perché si tratta di un luogo che, cercando un po’, ancora si trova davvero, abitato da persone meravigliose. Anche quando sono di cattivo carattere. Muso duro. Nessun sorriso.
Ovviamente ho in mente qualcun(a), che mi piace molto. Mai riuscita a sapere neppure come si chiami.
Per la cronaca: stavo scrivendo altro – e magari ve lo rifilerò domani – ma sto anche rileggendo, nella speranza di riuscire a proporlo, questo meraviglioso libro di Italo Calvino.
Da molto tempo desidero, senza osare, proporre un suo libro. Ho sempre rinviato, per la consapevolezza di essere impari al compito. Scelgo un libro, lo ripongo, ne prendo un altro, lo ripongo. Rileggo qualcosa. Non la propongo.
«Se una notte d’inverno un viaggiatore» non lo rileggevo da molti anni. Ne ho scaricato una copia nel Kindle, non voglio rovinare a sottolineature e note la mia copia, fresca di stampa ingiallita 1979. In questi giorni di ferragosto, credo di aver deciso di rischiare, sulla base, la sola valida, credo, del mio desiderio. Io adoro Calvino. Tutto.
Ma prima di dichiarare che sarà la prossima recensione, un piccolo racconto autobiografico, a ragione di un amore.
Era il 1960, forse il ’61, e io frequentavo la scuola media. Avevo un’insegnante di italiano meravigliosa, che ci leggeva libri a scuola, li consigliava, li prestava addirittura, personalizzando il consiglio e la scelta!
Si era verso la fine dell’anno, e ci ha assegnato il libro da leggere per l’estate, salvo poi dirci che, certo, il compito era leggerlo in vacanza, ma: avevamo voglia, nel frattempo, di leggerlo insieme?
Il libro era «Il barone rampante», per il tempo, fresco di stampa, di un nuovo autore ancora non così celebre da essere noto proprio a tutti. Fu letto, durante il tempo di lezione, la voce dell’insegnante che da sola rendeva tutto facile. Il libro era bellissimo, tutto lì; nessuno sapeva di aver tra le mani un futuro classico, come dire roba da scuola; la lettura era pura gioia e, nella nostra percezione, era qualcosa come bigiare scuola in allegria con la professoressa. E con una storia e un personaggio che spalancavano la nostra fantasia e la nostra vita di ragazzine di quegli anni, chiuse in casa, a scuola due ore settimanali in più dei maschi, si faceva Economia Domestica, che fosse chiaro, va bene imparare a leggere scrivere e anche il latino, ma poi, il nostro futuro auspicato doveva esser, comunque, la casa.
Per lei, il nostro futuro assegnato sembrava non valere, lei era altro, la cosa era evidente persino a noi! La professoressa, brutta faccia e una figura statuaria, giovane (credo, ma non ai nostri occhi), era diversa dalle nostre mamme casalinghe. Era sapore di un’altra vita, di un altro esser donna. E l’anno prima ci aveva letto, sempre in classe, tanto per alleggerire le ore di lezione (pensavamo noi) «Il piccolo principe». E ne avevamo parlato. Tanto.
Quell’insegnante, e quel libro, sono stati, nelle mie mani e nella mia mente, armi potenti per affrontare la vita. Armi che hanno dato il via alla costruzione di un arsenale. Utilizzato bene? Non so. Forse no. Ma per merito della mia professoressa non mi sono mai sentita disarmata. Ho avuto, ed è stato per sempre, armi fresche di stampa a disposizione e uno sguardo, su di me, rimasto dentro di me, capace di vedere un mio/nostro futuro di donne almeno possibile. Non si può chiedere altro, credo, nella vita.