È accaduto di nuovo. Lo avevo già scritto ad aprile scorso: “Non lo avevo previsto ma avrei dovuto. […]
Parliamone
Mi sono dilungata titolando le mie divagazioni “Antropologia del lettore”; ho inanellato alcune riflessioni, del genere poche ma […]
Il lettore appartiene ad una comunità? Appartiene a un gruppo sociale? È identificabile una gnoseologia, una epistemologia – […]
Avevo variamente e vagamente riflettuto sul fatto che “la lettura non è separabile da un “dove”, da un luogo – e soprattutto non da quel “dove” assoluto che è il mio ubi consistam, che viene con me ovunque io vada e che non mi può lasciare, con i connessi legami alla mia terra, alle mie relazioni, alla mia lingua.” (qui, e scusate l’autocitazione)
Ora, credo di non essere sola nel sentire un pericolo, l’attesa di un disfacimento dei nostri giorni, intesi come storia, lingua, cultura, comunità che si riconosce e, a partire da questo, riconosce e incontra altri.
La domanda non ha a che fare con un qualsivoglia confronto di <realtà>. Ha a che fare con un <racconto> che solo, se condiviso, può dar luogo ad un Noi, ad una comunità in cui vi sia reciproco riconoscimento. Vale per il singolo e vale per il gruppo: ciò che importa è, sempre, il racconto condiviso da trasmettere quale immagine di sé e di noi. Scegliendo, in coerenza, comportamenti e obiettivi che lo confermino. Sta tutto qua, credo.
Dal 25 aprile a fine maggio la libreria funzionerà, solo forse, irregolarmente e, non è escluso, in modo […]
“Qual è lo scopo della tua filosofia?
Mostrare alla mosca la via d’uscita dal barattolo.”[i]
Ci sono per tutti, credo, i periodi delle letture disordinate. I giorni in cui si trascorre di libro in libro rimanendone, non dico, delusi, ma con la sensazione di non aver trovato le pagine di cui si sentiva il bisogno; i giorni delle riletture a spezzoni, un po’ di questo un po’ di quello, senza trovar pace.
Ora sto finalmente leggendo un libro che mi terrà occupata per un po’ di buoni giorni, parecchi, credo; avendo forse ritrovato un percorso: nel qual caso – ma ne sono ormai certa – sarà la prossima recensione.
Nel frattempo, cerco di far ordine tra letture sparse, molto buone e, solo forse, meno buone, cui mi pare di dover rendere giustizia (in attesa, chi lo sa, di una nuova lettura), riponendole negli scaffali, con la dedica di una piccola nota.
Capita che io mi chieda, che tutti ci si chieda, credo, particolarmente in certi periodi, quale linea – di pensiero? di bisogno? di interesse? – lega tra loro i libri che scegliamo, che leggiamo, l’uno via l’altro; cosa li collega, necessariamente, in modo che l’uno chiami l’altro. E se talvolta, spesso, il legame è evidente, talaltra, di primo acchito, non lo è affatto.
Mi trovo a riguardare le mie letture dell’ultimo periodo. Ho riletto, e proposto qui, Italo Calvino, «Se un notte d’inverno un viaggiatore», e nel frattempo, per la sera, mi ero riletta le sue «Fiabe Italiane»: sempre bellissime! E durante il giorno prendevo riponevo riprendevo un suo libro via l’altro. Ma nel frattempo qualcosa diceva no, non ancora, più in là.
ad acquistare QUEL libro, proprio quello, fresco di stampa, del TUO autore. Proprio lui.
Italo Calvino, «Se una notte d’inverno un viaggiatore», Einaudi 1979, pag. 5 – 6:
«Già nella vetrina della libreria hai individuato la copertina col titolo che cercavi. Seguendo questa traccia visiva ti sei fatto largo nel negozio attraverso il fitto sbarramento dei Libri Che Non Hai Letto che ti guardavano accigliati dai banchi e dagli scaffali cercando di intimidirti. Ma tu sai che non devi lasciarti mettere in soggezione, che tra loro s’estendono per ettari ed ettari i Libri Che Puoi Fare A Meno Di Leggere, I Libri Fatti Per Altri Usi Che la Lettura, I Libri Già Letti Senza Nemmeno Bisogno D’Aprirli In Quanto Appartenenti Alla Categoria Del Già Letto Prima Ancora D’essere Stato Scritto. E così superi la prima cinta dei baluardi e ti piomba addosso la fanteria dei Libri Che Se Tu Avessi Più Vite Da Vivere Certamente Anche Questi Li Leggeresti Volentieri Ma Purtroppo I Giorni Che Hai Da Vivere Sono Quelli Che Sono. Con rapida mossa li scavalchi e ti porti in mezzo alle falangi dei Libri Che Hai Intenzione Di Leggere Ma Prima Ne Dovresti Leggere Degli Altri, dei Libri Troppo Cari Che Potresti Aspettare A Comprarli Quando Saranno Rivenduti A Metà Prezzo, dei Libri Idem Come Sopra Quando Verranno Ristampati Nei Tascabili, dei Libri Che Potresti Domandare A Qualcuno Se Te Li Presta, dei Libri Che Tutti Hanno Letto Dunque È Quasi Come Se Li Avessi Letti Anche Tu.
Sventando questi assalti, ti porti sotto le torri del fortilizio dove fanno resistenza
È stato decretato, pochi giorni fa, il libro vincitore del Premio Strega 2016: si tratta di «La scuola cattolica», di Edoardo Albinati, pubblicato da Rizzoli. Senza veri avversari, dicono.
Ecco un autore di cui non ho letto nulla, anche se il suo nome e alcune cose che ha scritto mi sono note, per sentito dire; così come avevo (come abbiamo) sentito parlare di questo suo libro-monstre, incentrato sul delitto del Circeo, e non solo.

In questo mese ho letto, ho scritto, ho passeggiato, ho scattato (abbiamo scattato) foto in giro per l’Italia, e ho lavorato al blog; il risultato è la nuova Pagina – dal titolo: Libri sugli scaffali – che potete trovare, se vi parrà utile, sulla home page, lato sinistro, tra le Pagine elencate sotto la lumachina.
Utile? Non so, lo spero.

Desiderando spezzare una lancia a favore dei long seller (qui), dei libri che il tempo non intacca, e che non sono solo i grandi classici, la prossima recensione sarà un libro che, riletto dopo un numero di anni che preferisco non ricordare, mi ha regalato qualche ora di vero piacere: Anita Loos, «Gli uomini preferiscono le bionde», Garzanti 1966. Un libro che, con la sua seconda parte «ma Gli uomini sposano le brune», è il solo libro, credo, pubblicato in Italia di questa elegante scrittrice, commediografa e sceneggiatrice americana; un libro che non sente il tempo e regala allegria (nonché, ancor oggi, qualche leggera riflessione e persino un divertente richiamo alla nostra attualità). Per non dire che, in queste pagine, un po’ di leggerezza farà bene.
E passo al discorso serio (magari noioso? Su cui, tuttavia, mi piacerebbe molto dialogare, se qualcuno ne ha voglia).

Questa sarà – deve essere – la settimana della gita in libreria: da troppo tempo mi limito ad una entrata uscita veloce, ad un acquisto al volo, e sono addirittura in arretrato sull’acquisto di copia cartacea dei libri che, nell’urgenza, ho acquistato in e-book: un esempio per tutti: “Norvegian Wood” di Haruki Murakami, che sto leggendo. Sarà la prossima recensione, o una delle prossime.

Mancano tre giorni a Natale e ci si avvia al 2015. Questo blog sta per compiere un anno di vita: è il momento buono per un piccolo bilancio.
Ricordo che questo spazio si è avviato a partire dalla dichiarazione: “Questa è una libreria”. Vuol dunque essere un luogo nel quale, pur mancando, fisicamente, i libri, c’è la ricerca e la passione del leggere, e dove qualcuno – vale a dire io, che gioco a fare la libraia – descrive un libro, lo propone, sulla sola base del fatto che ha trovato quel libro davvero imperdibile. O anche no, ma è davvero raro e mai definitivo, credo.
Poi, per l’acquisto del libro, fisico, in forma di e-book, a scelta di ognuno, non c’è problema: tutti ci recheremo alla nostra libreria, oppure cliccheremo su un tasto, o andremo in biblioteca a procurarcelo, separando i due momenti: quello della chiacchierata con la libraia e quello del ritornare a casa con dei libri in mano pregustandone la lettura.
Sto finendo la mia riserva di libri. In corso di lettura: Rumore Bianco, di Don De Lillo (è un libro da leggere con calma, da leggere nei dettagli. Mi sta piacendo molto, credo). A margine, la piacevole lettura di un piccolo libro di Ian McEwan: “L’inventore di sogni”. Ve lo descrivo, in breve, così potrete decidere di leggerlo (se non l’avete già fatto).
Peter, il protagonista, passa per essere un bambino difficile. Ciò è dovuto alla sua abitudine di starsene in silenzio per i fatti propri. Questo comportamento causa preoccupazione negli adulti, privati della possibilità di sapere cosa lui stia pensando, e dunque in crisi per deficit di controllo.
Peter è impegnatissimo a sognare ad occhi aperti; sogna strane avventure che, in seguito, scopre di aver vissute in un tempo che non c’è stato, ma che non saranno state per questo meno reali.