“Non sei Amleto!

Klaus Mann, “Mephisto. Romanzo di una carriera”, Feltrinelli 2007

Introduzione di Goffredo Fofi. Traduzione di Fulvio Ferrari e Marco Zapparoli

 

Incipit. “Sembra che ultimamente in un centro industriale della Germania occidentale siano stati condannati più di ottocento lavoratori in un unico processo, e tutti a elevate pene detentive”

(…) “Ma i salari sono proprio così spaventosamente bassi?”

Berlino 1936. Una festa per il quarantatreesimo compleanno del Presidente dei Ministri del Reich, di una grandiosità che supera ogni fantasia, buongusto e opportunità. Due giovani diplomatici stranieri spettegolano, e ci presentano il quadro.

Nauseante essere costretti a prendervi parte”

L’avvicinarsi di un ufficiale tedesco in alta uniforme cambia verso ai pettegolezzi.

 “Ma è tutto di un gusto così raffinato!”

“Una manifestazione così fastosa oggi la si può vedere solo a Berlino.”

Herman Goering

Il Presidente dei Ministri, Generale dell’aviazione – “il Ciccione”, – il più stretto collaboratore di Adolf Hitler, unitamente allo “Zoppo”, Ministro della Propaganda, ama lo sfarzo, e l’apparire con la sua amante, ora moglie, l’ex attrice Lotte Lidenthal.

“Si ballava, si chiacchierava, si flirtava, si ammirava se stessi, gli altri, ma soprattutto il Potere che poteva concedersi un ricevimento fastoso come quello.”

Alla festa partecipa il protetto del Generale, il potente e ammirato Direttore del Teatro di Stato, l’attore Hendrik Höfgen che terrà il discorso augurale per il festeggiato e di benvenuto agli ospiti, celebrando e confermando il suo ruolo di primo piano nei ranghi del potere nazista.

“(..) una piccola signora dall’aspetto grazioso, che occupava un posticino modesto in fondo alla sala, disse alla sua vicina in tono sommesso: “Quando avrà finito devo andare a stringergli la mano. Non è fantastico? Lo conosco già da tempo, sì, abbiamo recitato insieme ad Amburgo. Che tempi buffi erano quelli. E che carriera è stato capace di fare da allora!”

Flashback. È il 1926. La Rivoluzione del Novembre 1919 in Germania aveva portato alla fine della Monarchia di Guglielmo II, alla Costituzione di Weimar e alla Repubblica.   Hendrik Höfgen recita al Künstlertheater di Amburgo. Inizia il percorso che lo porterà alla conquista di Berlino, come primo attore del Teatro di Stato e Direttore dello stesso.

In questo percorso il nostro giungerà ad appartenere, senza via d’uscita, al palcoscenico del Potere nazista, cui arriverà partendo da una militanza comunista sinceramente esibita – per quanto lo consentivano il suo narcisismo e un’ambizione esasperata – e infine tradita per interesse, non senza rimorsi, in preda all’urgenza di confermare sé, di assicurarsi un volto che le mutevoli maschere indossate, sul palcoscenico e nella vita, rendevano fragile.

Joseph Goebbels

Il Klaus Mann che scrive questo romanzo non conosce ancora le dimensioni della catastrofe: il romanzo verrà pubblicato dalla Exilverlag Querido[i], ad Amsterdam, dove l’autore si è rifugiato per sfuggire alla persecuzione politica imminente, in quello stesso anno 1936 in cui aveva collocato, nel romanzo, la festa di compleanno del “Ciccione”.

Il lettore verrà affascinato dalla storia interiore del protagonista e da un ascolto della voce dell’autore, sempre presente, a commento di ogni passo. Con la pregnanza propria di una voce narrante, Klaus Mann apparirà sempre sulla pagina. La sua voce si udrà nelle descrizioni, ricche dello spessore del reale, dei personaggi: oggetto di giudizio, di giustificazione, di comprensione, di affetto, di dolore per una vita sacrificata così come per una vita sprecata senza alcun possibile riscatto.

La storia coprirà un decennio, chiudendosi idealmente con la festa (giunti all’ultima pagina occorrerà ritornarvi, senza che il libro più ne parli) in cui erano stati ostentati i Personaggi del Potere e il Coro, quasi una scenografia e un memento, per il lettore-spettatore che, nello svolgersi della narrazione, avrà mantenuto quel punto focale cui riferirsi.

Inizia la narrazione. Sul proscenio entreranno, via via, i personaggi la cui vita verrà travolta comunque, dal successo o dalla caduta, nella relazione con il protagonista e con la sua esigenza di affermazione di sé.

Conosceremo la vita e la fine del giovane comunista Otto Ulrichs, ricco di ideali e di speranza, che attende da Hendrik un promesso Teatro Rivoluzionario; e insieme conosceremo la vita e la fine del suo personaggio-specchio, Hans Miklas, giovane nazista della prima ora, a sua volta fiducioso, mentre soffre la fame, in una rivoluzione che cambierà verso alla storia dei lavoratori: ambedue capaci di sacrificare se stessi ad un sogno, diversamente interpretato.

Incontreremo Juliette Martensla Principessa Tebab – intensa e complessa figura di tedesca mulatta, insegnante di danza e prostituta, di cui Hendrik subisce il fascino sadico, stivali e frusta. Le farà da specchio Barbara Bruckner, figlia dell’alta borghesia intellettuale, che Hendrik sposerà, chiamandola, nel confronto, “il mio angelo buono”; che tradirà e abbandonerà.

Conosceremo Nicoletta von Niebuhr, l’attrice che – dopo aver sposato il suo grande maestro, l’anziano e dispotico commediografo Theophil Marder –  lo lascerà, riparato in Francia, vecchio e stanco, per ritornare a Berlino e al teatro; e che, infine, sposerà in seconde nozze un Hendrik Höfgen all’apice della carriera.

C’era stata tuttavia anche la sua prima grande partner, l’attrice Dora Martin che, un bel giorno, aveva informato uno sbalordito e inconsapevole Hendrik di essere in partenza per l’America.

“Perché qui il sipario si sta chiudendo, non te ne accorgi?”

Emma Goering (Lotte Lidenthal nel romanzo)

Dopo Amburgo, Berlino. A fianco della prima attrice del Teatro di Stato Lotte Lidenthal – l’avevamo già incontrata: bionda, cicciona, ingioiellata e materna, solida icona di donna tedesca, entrava al ballo al fianco del suo ormai marito ciccione, il Generale dell’Aviazione Presidente del Reichstag.

Nell’acclamazione popolare Hendrik Höfgen è Mephisto, il personaggio goethiano che, da lui interpretato, diverrà la sua personificazione e il suo genio.

Hendrik Höfgen, l’attore, dovrà tuttavia accettare di confrontarsi, lasciando Mephisto, con il personaggio di Amleto.

Chi fallisce come Amleto non merita l’appellativo di attore” saranno le sue parole.

La sua interpretazione sarà un grande successo di pubblico e di critica, assicurati dalla protezione del Potere per un improbabile Amleto prussiano: ma l’attore sa di aver fallito. Amleto gli sfugge. Gli sfuggirà sempre.

È la crisi – da vivere nel confronto con sé.

Il finale resta aperto: nulla sappiamo del futuro e delle scelte che farà il Nostro. Possiamo solo ritornare all’incipit: alla festa, che ostenta la linea di sviluppo attesa per questa vita.

Un romanzo i cui livelli di lettura sono molteplici. Non un “semplice” romanzo. Questo libro è altro.

Possiamo ripeterlo: Viene pubblicato nel 1936: tutto deve ancora accadere. Le cancellerie europee potrebbero ancora partecipare alle feste danzanti del Potere tedesco ironizzando, e un po’, certo, preoccupandosi. Niente di più.

Quando scrive, Klaus Mann è in diretta dal tempo che sta vivendo. Ha inventato un presente – la festa. Profetico: sapeva già.

Scrive dal confine che quel tempo rappresenta, sulla strada dell’esilio. Scrive di una storia di cui non conosce l’esito; combatte – come Otto Ulrichs, come Hans Miklas – nelle loro solo apparenti opposte scelte.

Klaus Mann è anche intriso del dolore di una storia di vita difficile – l’ombra del grande padre incombente, i problemi del rapporto affettivo con tale figura, altissima e fragile, e fonte di dolore – e forse dovremo parlare della famiglia Mann – e il romanzo parla, anche, e centralmente, di una storia personale. Distinguibile dal contesto? In cui tutto si tiene.

Il personaggio di Hendrik Höfgen nasconde, malamente, solo nella forma, l’attore Gustav Gründgens, suo grande amico (e sua storia d’amore?), per breve tempo marito della sorella Erika.  Non vi sono veli per quanto riguarda lo scenario sociale e politico che sorregge e qualifica la storia. Le figure del “Ciccione”, Generale della Luftwaffe, Presidente del Reich Hermann Göring, e di sua moglie, l’ex attrice Emma Sonnemann, così come dello “Zoppo”, Ministro della Propaganda, Paul Joseph Goebbels, non hanno copertura alcuna. Così come non ne hanno se non di facciata altri personaggi di rilievo pubblico. Ed è difficile pensare che anche uno solo dei personaggi di cui il romanzo ci racconta le vicende, siano essi Otto, o Klaus, o Josephine, pur se apparenti piccole vite private dentro una, già allora, grande tragedia, non restituiscano vita a persone e a storie reali.

Ed ecco da dove viene la voce che racconta, il suo pathos, la sua forte udibilità.

L’attore Gustav Gruendgens nei panni di Amleto

Un romanzo importante. Da leggere. Che è anche altro, e chiede di essere ascoltato nella fattispecie del merito di una storia che non ci ha ancora lasciati, di cui esistono ancora testimoni e vittime; e che sembra talora non aver esaurito il suo percorso.

Mentre mi accingevo a iniziare questa restituzione, mi ha colpito una insignificante coincidenza, neppure tale in realtà: era l’anniversario dell’incendio del Reichstag: 27 febbraio 1933. Sono trascorsi ottantacinque anni dall’evento – doloso – che ha spinto, anche con il suo peso emozionale sull’opinione pubblica, il passaggio della Germania alla dittatura nazista.

La settimana seguente – era il 5 marzo del 1933Adolf Hitler e il suo NSDAP – Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei – vinsero le elezioni: la Germania si preparava a devastare l’Europa.

Non che significhi qualcosa, mi ha solamente colpito la data, e il pensiero, non certo originale ma che merita un ricordo costante: la presa del potere nazista è stata la legittima nomina di Adolf Hitler a Cancelliere della Repubblica, in quanto vincitore di libere elezioni a seguito delle quali, e a distanza di pochi mesi, il NSDAP ha potuto divenire il solo partito ammesso da una dittatura democraticamente eletta.

Un romanzo, dunque, che come tale non ha bisogno di sostegno alcuno: Klaus Mann (a fatica lo ammetteva pure il padre) è un grande scrittore e questo libro è un’opera che basta a sé: ma che non con questo fine è stata scritta; che, sotto questo profilo, potrebbe persino risentire un qualche danno della voce dell’autore che non lascia vivere da se stessi i propri personaggi. Che interviene. Che “ci parla”.

Un libro da leggere tutto d’un fiato.

Io l’ho letto molto lentamente. Ma è un’altra storia.

____________________________________

[i] Exilverlag : Casa editrice dell’esilio