Qualcosa sull’autore: Mark Twain. E una proposta di lettura

Sugli scaffali della mia libreria si segnala, con ben tre opere, pur non recensite, la presenza di Mark Twain. [i]

Ora, sono reduce dall’essermi goduta “Uno yankee alla corte di re Artù”, pronta a riporlo sullo scaffale trovando impari il compito di una sua adeguata restituzione – e dico impari perché le “storie”, i racconti, i reportages di Twain sono sempre <altro da> ciò che vi si racconta. In esse ogni frase è pietra fondante di un infinito discorso, mentre l’autore intercala, a commento delle sue storie, sintesi fulminee di pensieri che lasciano il lettore a gingillarsi con sani dubbi – nel piacere di una franca risata.

Leggere Twain equivale a farsi una flebo di riflessioni che, goccia a goccia, porta a rivedere idee acquisite, neppure sapute, a debellare i germi di inconsapevoli luoghi comuni, di ‘certezze’ che mai erano state oggetto di esame critico; apparentemente date, apparentemente, anche, di poco conto. Fondamentali, in realtà, per le scelte di vita di ognuno.

Fatene la prova, se non lo avete ancora fatto, con “Uno yankee alla Corte di Re Artù” e state a vedere, al di là del godimento di una trama fantasy scoppiettante e piacevolissima, cosa può avvenire quando ci si trovi a guardare dal nostro punto di vista ad un mondo altro – o viceversa, naturalmente.

In questa storia conosceremo un uomo, tale Hank Morgan, abitante ad Hartford, Connecticut che, per magia o in seguito a un colpo in testa, si troverà trasportato dal XIX secolo cui appartiene al VI secolo d.C.

Hank si risveglierà in una foresta nei pressi di Camelot, praticamente a casa di Re Artù.

Gli ci vorrà ovviamente poco a ritrovarsi condannato per stregoneria e pronto per il rogo, e la storia finirebbe subito se, avendo egli scoperto di star vivendo il 21 giugno del 528, non gli accadesse di ricordare che proprio in quel giorno e proprio all’ora in cui avrebbe dovuto esser messo al rogo, sarebbe avvenuta una eclissi totale di sole.

Potendola dunque minacciare quale punizione per la propria condanna, il nostro eroe si salverà, assurgendo inoltre al rango di potente mago, e scalzando addirittura dal suo ruolo il povero Merlino.

Fate conto ora di come, da quel momento in poi, potranno essere filtrati dallo sguardo di un americano – impegnato (che strano!) a portare la propria civiltà in quel mondo – gli usi e i costumi dell’Inghilterra del VI secolo, il potere della Chiesa e della Monarchia; i miti e le credenze per i quali si andava alla ricerca del Santo Graal e per cui “ogni anno partivano spedizioni a sangraalare e l’anno dopo partivano spedizioni di soccorso a cercarle. Era una cosa che rendeva un mondo di rinomanza, ma niente quattrini.”

 Il lettore, da parte sua, si ritroverà a ripensare <il proprio> mondo; a scoprire la permanenza, mutatis mutandis, di comportamenti che, checché ne dica il nostro eroe, entusiasta cultore della modernità e della tecnica del suo tempo, non sono poi tanto cambiati; a guardare bene in faccia esercizi di potere che perdurano; a ripensare credenze che sostengono, ancora, un potere che, cambiati i propri abiti, opera all’interno di analoghi paradigmi. E a scoprire tutto ciò attraverso quel potente strumento di verità che è la risata.

Così, se la storia trattiene il lettore, divertendolo, le riflessioni che il narratore regala, il suo pensiero su ciò che sta vivendo, difficilmente gli consentiranno di sfuggire ad alcune evidenze: e comincerà ad innaffiare e far crescere qualche seme critico nel giardino delle proprie convinzioni.

Cent’anni dopo – oggi – quel seme è ancora in grado di attecchire. Se non ci credete, ecco un piccolo assaggio di tali riflessioni

“Vedete, il mio genere di lealtà era lealtà verso il proprio paese, non verso le sue istituzioni o i suoi funzionari. Il paese è la cosa reale, la cosa sostanziale, la cosa eterna; è la cosa da vigilare, da amare e a cui essere fedeli; le istituzioni sono cose estranee, non sono che gli abiti, e gli abiti si possono consumare, diventare stracci (…) Essere fedeli a qualche straccio, strillare per qualche straccio, adorare gli stracci, morire per gli stracci…questa è fedeltà fatta di irragionevolezza, è cosa puramente animale, è cosa che appartiene alla monarchia, che è stata inventata dalla monarchia; e che la monarchia se la tenga.”

E oggi, potrebbero esserci, nella nostra casa, nuove forme di una vecchia abitudine alla sudditanza?

Ancora:

“Bisogna dire questo, a favore dei nobili: che, tiranni, assassini, rapaci, moralmente marci com’erano, erano profondamente ed entusiasticamente religiosi. Nulla li poteva distogliere dal regolare e fedele adempimento degli atti di pietà imposti dalla Chiesa. (…) più di una volta avevo veduto un nobile, dopo aver aggredito e mandato al creatore un nemico, ritirarsi nel primo Santuario lungo la via a rendere umilmente grazie al cielo; prima ancora di averne derubato il cadavere. (…) e perfino i peggiori fra loro dicevano le preghiere in famiglia … cinque o sei volte al giorno.”

Non ditemi che non vi vengono alla mente analogie.

Monumento a Mark Twain all’Elmira College (NY)

C’è che la lettura di Mark Twain, dopo aver bellamente scardinato, così, senza parere, qualche nostra certezza e dopo averci pure divertito, ci lascerà, a voler essere conseguenti, alle prese con qualche pensiero non del tutto facile, o comodo.

Per questo, dal tempo suo ad oggi, è risultato certamente più utile, più accessibile, ridurne la figura a quella di: uno scrittore umoristico? Di un allegro cronista? di un grande affabulatore-intrattenitore? E, elogiandone la scrittura, depotenziarne il messaggio e non pensarci più.

È stato sufficiente innalzare le sue opere collocabili (anche) nella categoria “ragazzi” – “Le avventure di Huckleberry Finn” e, soprattutto “Le avventure di Tom Sawyer” (più, non dimentichiamolo, “Il principe e il povero”) – provvedendo poi, attraverso il facile meccanismo dell’assumere la parte per il tutto, a far scivolare nel dimenticatoio tutto il resto della sua immensa e importante produzione che solo in piccola parte è pubblicata in italiano.

Il valore di questo scrittore sta non tanto nel fatto, indiscutibile, che sia uno tra i massimi scrittori dell’America di fine ‘800 quanto nel fatto che è un classico incapace di divenire tale; non soggetto, dunque, al tragico destino che colpisce i monumenti: diventare invisibili, essere supposti già dati e, nel contempo, superati (e magari pure noiosi).

Mark Twain e la sua scrittura sono sempre in tempo reale, con tutta la loro immutata capacità di abbattere miti fasulli; di indicare la via di un pensiero che non si faccia abbindolare dal mito del momento.

Twain, per chi lo voglia, è il cronista dei vizi dell’uomo di ogni tempo; il fustigatore della società umana in quanto tale. È uno che riesce a denudare qualsivoglia re o qualsivoglia divinità fasulla senza mai mancare di pietà per l’uomo, per quello denudato come per il farabutto. È uno capace di ridere e far ridere senza derisione.

Le sue pagine rimangono tanto più preziose in un tempo, il nostro, di social che ci annegano nell’inverso, dentro derisioni impietose che nulla possiedono per cui si possa ridere.

Potremmo certo dire che, a ben vedere, tutto questo non lascia molta speranza nelle magnifiche sorti e progressive della nostra specie, proprio no; lascia tuttavia una qualche fiducia nell’utilità di tentare, di far del nostro meglio accogliendo comunque i nostri simili, e noi stessi, con i nostri difetti, con comprensiva simpatia.

Una storia di vita e un tempo particolari, quelli che ha vissuto Samuel Langhorne Clemens, nome d’arte Mark Twain.

Nato nel 1835, ebbe una vita all’insegna della difficoltà, e del lutto. Orfano di padre all’età di 11 anni, penultimo di sei fratelli quattro dei quali morti nella primissima infanzia e uno morto a vent’anni mentre lavorava con lui su di un battello, in un incidente – un lutto che segnò la sua vita – ha iniziato a lavorare dai dodici anni. Fu assunto, ancora bambino presso una stamperia. Divenne tipografo, poi gornalista; e iniziò a scrivere.

Battello sul Mississippi (Mayflower). In: http://asecondadcometirailvento.blogspot.com/2011/11/mark-twain-il-mississippi-e-altro.html

Divenne poi pilota sui battelli che navigavano il Mississippi; e sceglierà il nome con cui sarà conosciuto derivandolo dal grido che, in gergo fluviale, veniva lanciato per indicare la profondità del fiume: Mark Twain,marca due“, cioè “segna due“.

L’amata vita sul fiume terminerà con lo scoppio della guerra di secessione (1861 – 1865) che vide gli stati del Sud separarsi degli Stati Uniti d’America, dando vita agli Stati Confederati d’America, a causa del conflitto sul tema dell’abolizione della schiavitù voluta dal Presidente americano Abramo Lincoln.

Twain, antischiavista, ma figlio del Sud, si arruolerà comunque nell’esercito della Confederazione, abbandonandolo (disertando?) tuttavia ben presto.

Tornerà alla scrittura, come giornalista e scrittore. Ma nella sua vita fu anche cercatore d’oro, e minatore. Viaggiò, girando gli Stati Uniti e poi l’Europa. Fu a lungo in Italia, dove morì sua moglie.

La sua fu una vita segnata dalle difficoltà economiche e dal dolore: tre dei suoi quattro figli morirono molto giovani. La figlia Clara, la sola che visse fino a tarda età, a seguito di un incidente subì l’amputazione di una gamba.

Molti suoi scritti furono censurati; l’avvio di una propria casa editrice finì con un fallimento; le sue idee  – sui diritti dei lavoratori, contro l’imperialismo degli USA, a favore dei diritti di ogni uomo, e delle donne; contro il potere delle Chiese e delle Religioni – non resero facile la sua esistenza.

Fu un uomo sempre fedele a se stesso, che visse con grande coerenza, mai rinunciando a farsi parte attiva nel sostegno delle idee in cui credeva.

È auspicabile che la sua opera venga tradotta e restituita, togliendola a una celebrazione falsificante che fa scordare quanto, della sua opera, e delle idee per cui lottò, ci rimane nascosto.

Morì nel 1910, prima di conoscere gli orrori del ‘900.

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[i] “Visite in Paradiso e istruzioni per l’aldilà”: qui (https://lalibraiavirtuale.com/2016/07/05/la-libraia-virtuale-ha-riaperto-i-battenti/)

“L’età dell’oro e Racconti”: qui (https://lalibraiavirtuale.com/2016/07/05/la-libraia-virtuale-ha-riaperto-i-battenti/)

“Seguendo l’equatore: un viaggio intorno al mondo”: qui (https://lalibraiavirtuale.com/2018/05/18/libri-per-la-vita/)