Quando leggere è davvero avventuroso

Michael Ende, “Le avventure di Jim Bottone”, Editrice Salani 1989

I Superistrici, Salani editore 1989

Intermezzo di lettura, dedicato agli adulti, con il primo libro per l’infanzia pubblicato da Michael Ende.

Età di lettura: se – ed è un se di cui spero di riuscire in seguito a dire qualcosa – accompagnato da lettura adulta, direi dai 7-8 anni. Da lì in poi, si tratta di un libro che potrà accompagnare il lettore di ogni età, purché sia capace di godere appieno una storia, di regalarsi un rilassante tuffo nell’immaginazione e nella fantasia, e una passeggiata alla ricerca di piccole perle di grande saggezza che il mondo della favola sa intrufolare per benino nel nostro mondo di “fatti”, “esperienze” e significati creduti reali.

La storia di Jim Bottone e dei suoi amici ha molte facce, contiene molte storie, talvolta solo accennate ma che ogni lettore potrà sviluppare da sé, potrà tramutare in scoperta personale, viaggiando in nuovi mondi, scoprendo le potenzialità di genti paesaggi e usanze diversi.

Le avventure di Jim Bottone portano con sé, anche nel mezzo di pericoli che si faranno via via più gravi, dialogo, amicizia, amore, così come aiuto inatteso nelle avversità, suscitando nel visitatore tutta la gamma delle emozioni, dallo stupore all’orrore alla gioia che l’incontro con la bellezza porta con sé.

È, questa, una storia che ha tre eroi, capaci di coinvolgere con la propria presenza, il proprio agire e il proprio pensiero, l’età dell’infanzia in via di venir superata e l’età adulta capace di affiancarla o di ritrovarla. Ed è, per questo, una storia di particolare pregio proprio perché ci mostra come nessun “eroe” possa agire da solo; ci mostra come l’aiuto di un altro, amico, o anche solo amichevole, sia essenziale alla riuscita di uno tra i tanti compiti che la vita ci chiederà di saper fronteggiare. Ci mostra come la fiducia nell’incontro con l’altro da sé regali gemme e fortuna.

Non sono, le favole, <cose per bambini>, da lasciarci alle spalle con gli anni dell’infanzia. O meglio, ci sarà pure un perché se, dovendo preparare al mondo adulto e alla vita autonoma i nostri cuccioli, ci premuriamo di trasmettere loro proprio questi <fatti>, utilizzando le fiabe, che insegnano, primariamente, a non perdere la capacità, propria della sola specie umana, di sospendere l’incredulità, che è il solo modo per poter apprendere.

Nella storia ci saranno, come atteso, gli antagonisti dei nostri eroi, e saranno, come dev’essere, figure terrificanti; saranno i mostri – nel caso rappresentati da draghi – che infestano di sé ogni infanzia – e che infestano a dire il vero ogni età della vita – tesa a sentir raccontare e apprendere come combatterli e vincerli, fiduciosa di poter essere rassicurata sulla propria forza e nella certezza della vittoria finale. Ci saranno altri cattivi, sotto forma di pirati; e ci sarà una natura ostile, o altrimenti di grande bellezza, con il pericolo e la necessità di non farsene travolgere. Con il sollievo e la gioia della vittoria.

Ovviamente, e per chi non conosca già questa storia, o l’abbia dimenticata, non dirò nulla sulle avventure cui il piccolo Jim Bottone andrà incontro, né degli amici che affronteranno il pericolo con lui; né di chi, solo per il fatto di averlo amato, gli avrà dato gli insegnamenti necessari e la forza per affrontare l’ignoto.

Mi limiterò a una presentazione dei personaggi principali che abitano questa storia, e a un accenno sui luoghi in cui la storia si svolge.  A partire da un incipit perfetto:

“Dormolandia, dove viveva Luca il macchinista, era un paese piccolissimo. In confronto ad altri paesi, come ad esempio la Germania, l’Africa, la Cina, era eccezionalmente piccolo: più o meno il doppio di una nostra normale abitazione. Era occupato in larga parte da una montagna con due vette, una più alta e una più bassa.”

(Una annotazione necessaria. L’adulto che inizi a leggere questo libro sarà, già a questo punto, a disagio, nonostante questo sia un incipit perfetto: pulito, preciso, memorabile. Eppure, avviene che, da subito, ci si senta da un lato presi dalla curiosità di sapere dove l’autore ci porterà, dall’altro preda di una sensazione che ci dice che no, non fa per noi, questa è sicuramente <solo> una storiella per bambini.

C’è un trucco, per superare l’impasse: il fatto è che La Favola è stretta parente della Poesia e, come la poesia, è fatta per essere detta, ad alta voce, senza fretta, con grande espressività – e fa niente se nessuno ci sta ascoltano; prima o poi qualcuno ci sarà.

Provate dunque a rileggere, recitando, anche solo sottovoce, in modo che nessuno vi oda, lentamente, e vedrete: la vostra lettura continuerà e non solo cesserà l’imbarazzo ma nessuna incredulità incepperà più il vostro piacere.)

A Dormolandia conosceremo: Luca, il macchinista; Emma, la locomotiva; La signora Coosa; Il signor Manica; nonché Re Alfonso l’Undicesimo e tre quarti.

E, naturalmente, il nostro eroe principale: Jim Bottone, il trovatello, arrivato con la posta, dentro una scatola, fortunosamente consegnata al destinatario sbagliato.

Poiché, come in ogni favola, l’eroe, o gli eroi, dovranno affrontare un viaggio, generalmente, proprio come avviene nella vita, fortunoso e soggetto ad imprevisti, verremo condotti nel Paese di Mandala, un grande Paese, abitato dai mandalini; arriveremo con loro nella capitale, la città di Ping dove c’erano “strade piene di colore ed era semplicemente incredibile quante cose esotiche e straordinarie c’erano da vedere”

“Ad esempio i lustraorecchie. (…) Lungo la strada erano state sistemate comode sedie su cui ci si accomodava per la pulizia delle orecchie. Ma non così semplicemente con una salvietta, oh no! Era una procedura lunga e a regola d’arte. Ogni pulisciorecchi aveva un tavolino con un piatto argentato contenente un numero incredibile di cucchiaini, pennellini, bastoncini, spazzolini, batuffolini di bambagia, minuscole scatoline e vasettini.  (…). I mandalini frequentavano molto volentieri i lustraorecchie. Prima naturalmente per amore di pulizia ma anche perché fa un solletico così piacevole quando il lustraorecchie compie il suo lavoro con estrema delicatezza. Questo piace molto ai mandalini.”

I Mandalini, erano tanta gente, ma proprio tanta. Di ogni età. E c’erano tanti bambini piccoli, ancora più piccoli, minuscoli e poi, difficile a dirsi, perché:

“Ogni mandalino teneva per mano un altro mandalino un po’ più piccolo, che a sua volta ne teneva per mano un altro ancora più piccolo e così via fino al più piccolo di tutti grande come un pisello. … (Tutti i mandalini avevano moltissimi figli e nipotini). Correvano qua e là e brulicavano disordinatamente sulla strada, schiamazzando e gesticolando tanto da far girare la testa.”

Nella città di Ping viveva l’Imperatore, che aveva una figlia, la principessa Li Si che, indovinate un po’ chi sposerà? Alla fine dell’avventura? Dopo aver vissuto grandi traversie?

Conosceremo Ping Pong, un piccolino figlio del figlio del cuoco dell’Imperatore

…e poi…e poi…

Vogliamo parlare di cosa si può gustare nella città di Ping?

“…uova centenarie con delicata salsa di orecchie di scoiattolo? Oppure un lombrico zuccherato con panna acida? Molto buono è anche il purè di corteccia d’albero, spruzzato di zoccolo di cavallo grattugiato. Vi piacciono i nidi di vespa bolliti, con pelle di serpente all’olio e aceto? Cosa ne direste di gnocchi di formica con delicata bava di lumaca? Vi raccomando anche uova di libellula arrosto al miele o teneri bachi da seta con spine di riccio lessate. Forse, però, preferite gambe di cavallette croccanti con insalata di antenne di maggiolino piccante?”

È davvero grande il Paese dei mandalini, e non tutto conosciuto, e non tutto accogliente, anzi, e al di là delle montagne – e saranno montagne molto particolari – dove toccherà pur andare, gli incontri saranno, beh, di vario tipo.

Incontreremo Turu Turu, un gigante che non era gigante, lo sembrava, solo se veduto da lontano perché…e draghi, e quasi draghi e…Poteva forse mancare una mamma-maestra di scuola draghessa cattiva, ma tanto cattiva che poi, a ben vedere…

E i luoghi: impensabili, in cui accadono le cose più strane e paurose del mondo (quantomeno del mondo di Luca, Jim Bottone ed Emma la locomotiva) perché talmente impensabili che, da qualsiasi altra parte neppure potreste pensarli tanto impensabili.

Il fatto è che, per l’adulto che legge, la storia potrebbe ancora risultare lievemente imbarazzante; perché sì, perché solo i più coraggiosi avranno osato leggere ad alta voce, passeggiando per casa, gesticolando, facendo le facce adeguate. Diciamo la verità, pochi di noi osano tanto con se stessi; e se poi in casa c’è qualcuno dovrà essere un qualcuno davvero a puntino per noi.

Perché ti è venuta proprio subito la voglia, ma grande, di proseguire a leggere la storia ma, senza un adeguato allenamento, è chiaro che non saprai credere (cosa del tutto indispensabile), neppure per finta, a ciò che stai leggendo e ti accorgerai che potresti rovinare tutto se…

…se non hai un bambino per il quale, almeno un giorno o l’altro… e nel frattempo potrai fingere un allenamento, simulare la credulità; ma sarai ugualmente un po’ in imbarazzo perché, beh, conoscerai benissimo la voglia di leggertela tu, quella storia; e di godertela per te solo e, una volta terminata, riprenderla daccapo.

Beh, credetemi: fatelo. Per prova. Solo per vedere l’effetto che fa, come si dice.

Poi, certo, “Le Avventure di Jim Bottone” sono una storia che si rivolge a tutti (perché l’infanzia appartiene a tutti, e nessuna età avanzata la cancella) ma, idealmente, è un accattivante primo approccio per un bambino, se l’adulto collabora, a quella che sarà la lettura autonoma, di lungo respiro. E ci può stare, potremo ben colludere, se l’adulto in questione vorrà fingere di non trarre, unicamente per sé, un vero piacere e non solo, da questa lettura, finalmente <ad alta voce autorizzata>.

Poi, prossimamente, potremo anche fare un discorso serio, tra <adulti>, su ciò che sono veramente le favole, sul fatto che non sono state create per l’infanzia, sul fatto che l’infanzia non è un periodo di vita di poco conto, occupato da piccoli sciocchi creduloni a cui si può far bere qualunque cosa.

Mi fermo, credo di aver già ecceduto a sufficienza (perché lo so bene anch’io che certe cose si sanno ma non si dovrebbero dire).

Spero che qualcuno legga questa fiaba, e mi racconti l’esperienza.