Le avventure…bisogna andarsele a cercare

Massimo Roscia, “Il dannato caso del signor Emme”, Exorma edizioni 2020

In esergo, una dichiarazione di intenti

“Eppure ci siamo illusi, un giorno, di creare un “genere”; di dar forma a un nuovo scrittore: moderno, vero, aderente alla vita; […]  […] Scrittore con fantasia, ma non d’invenzione; devoto alla lingua e allo stile, ma non schiavo delle tradizioni, dei modelli, dei luoghi comuni; […] che non inventa casi eleganti, ma scopre la realtà; che scrive magari in prima persona, ma pensa in terza; tutt’al contrario del romanziere che scrive in terza persona ma pensa e opina e argomenta soltanto egocentricamente.” (Paolo Monelli)

“Ma sì, andiamo. Le avventure non capitano a chi se ne sta a casa, bisogna andarsele a cercare” (cit.)

Dopo il fantasmagorico “La strage dei congiuntivi Massimo Roscia mi ha deliziato con questo romanzo-viaggio. Cosa potrebbe esserci più desiderabile, in questo nostro tempo, del poter viaggiare attraverso una strampalata Europa, costruita con pezzi di accatto della Storia, dentro fantasticherie che riecheggiano voci su di una abborracciata “Europa dei popoli”?

Ho finalmente viaggiato, dunque, sia pure solo dentro le pagine di un romanzo, attraversando realtà statuali simil-storiche d’accatto (non che, a ben vedere, le nostre attuali…lasciamo perdere), oltrepassando confini, con annessi pagamenti di pedaggi-mazzette, superamento di barriere, filo spinato e quant’altro. Il tutto, frutto di una non così improbabile mescolanza-annullamento dei tempi e del tempo.

Perché mi pare di aver viaggiato dentro un’Europa conosciuta? O, quantomeno, in un territorio cui appartengo, di cui io ho quantomeno sentito narrare, visione implicita sottostante a ragionamenti-slogan circolanti; che, la sera, se ti avviene di ripensarli, ti lasciano una sensazione di confusa incertezza, su di te e sul mondo in cui vivi?

Eccola! È lei – è l’Europa di casa nostra! Io abito davvero questo mondo! O almeno, mi pare di poter finalmente capirci qualcosa.

Protagonisti del viaggio saranno un piccolo gruppo di personaggi, a loro volta improbabili, che tuttavia risulteranno al lettore estremamente “normali”; personaggi che ti faranno sentire – finalmente! – in compagnia di gente che ha una qualche chiara visione su qualcosa. Non necessariamente da condividere, eh, ma perché no.

Ed ecco Carla, contestatrice professionista, sempre al servizio di ogni causa soprattutto se persa in partenza; una che vota la sua vita alla difesa di qualsivoglia diritto: e marcia, marcia per ogni causa; una che “non contesta la società dei consumi e la cultura di massa, ma la società dei soprusi e l’ignoranza di massa“; una hippy irrisolta, una figlia dei fiori a metà”.

Una che, comunque vada a finire (solitamente male) vince sempre.

Carla affronta un lungo e complesso viaggio privo di una meta prefissata per rispondere al suo principale interesse: è infatti profondamente impegnata “nella riabilitazione di personaggi, più o meno celebri, dimenticati, sottoposti a censura […]”. Carla opera indefessamenteper cancellare la damnatio memoriae cui sono stati condannati personaggi che, dimenticati, oscurati, hanno invece operato utilmente per il bene della cultura, dei diritti, di qualsivoglia interesse pubblico.

Ora, si sta interessando al caso di tale Signor Emme – un dannato della memoria per l’appunto – di cui vuole raccogliere la storia di vita e documentare le opere, seguendone le tracce nei luoghi ove ha vissuto, incontrando chi l’ha conosciuto. Obiettivo finale: raccogliere testimonianze, opere e voci, da portare all’attenzione della Congregazione dell’Indice delle vite cancellate e delle opere proibite”, operante presso la Santa Sede, per una riemersione dal silenzio che ha cancellato la sua figura.

Congregazione…?”: Un ben strano organismo vaticano.

Beh non proprio. Dopotutto una istituzione analoga[i] ha operato, per la Santa Sede, dal 1559 (vigente papa Paolo IV) fino al 1966 – praticamente fino all’altro ieri – quando è stata cancellata per volere di Papa Paolo VI. A sostenerne la necessità e, di conseguenza la legittimità, era la assunzione, durata quattro secoli (ma in realtà operante anche prima della sua formalizzazione), di un’incapacità dei lettori cattolici di valutare da sé la pericolosità di un libro; e dunque del loro essere a rischio di subirne un danno morale (sic!). Storie passate – e anche no.

Carla si è dunque procurata un camper, malridotto (un vecchio scuolabus riadattato, targato Zagabria, forse rubato), ed è partita avendo con sé i suoi due figli gemelli, undicenni – Gemello Uno e Gemello Due – due bambini molto particolari. Con loro, viaggiano uno zio Giordano e, ultimo, si fa per dire, un amico di Gemello Due: un soggetto decisamente inusuale di cui sarà difficile dire di chi o meglio di cosa si tratti. Limitiamoci a conoscerne il nome, anzi l’acronimo: BUF. Ci abitueremo presto a non sentire bisogno alcuno di capire chi-che cosa sia e ad apprezzarne la compagnia.

Va tuttavia detto che il solo in grado di parlare con BUF è Gemello Due – ma, in corso d’opera, la cosa non risulterà strana. Gemello Due infatti comprende il linguaggio delle piante e conosce tutte le stelle. È fatto così.

Si viaggia, dunque, con questo strano gruppo; si incontrano persone che hanno conosciuto il Signor Emme; si fanno altri incontri: da ognuno ci sarà qualcosa di interessante da ricavare.

Ci si raccapezza abbastanza bene per quanto riguarda i percorsi del nostro camper, su e giù per l’Europa, attraversando Confini di Stato improbabili più o meno come se attraversassimo territori che stanno nella nostra memoria nel modo in cui vaghi confusi ricordi di una geografia storica scolastica vi si affastellano senza ordine alcuno.

È davvero fantapolitica pensarci cittadini (sudditi?) di un Ducato di Toscana (al tempo di?), della Città-stato di Trieste; del Protettorato cinese della Longobardia, capitale Milano; della Repubblica di Genova o di uno Stato Pontificio moderno misto-medioevo?

Ehi, non ci avevo pensato, oggi è l’8 febbraio, il giorno in cui fu arso vivo a Campo dei fiori Giordano Bruno, l’autore di “De gli eroici furori”: che, incidentalmente, è proprio lo “zio Giordano” personaggio di questo romanzo; è lo zio Giordano con cui proprio noi stiamo viaggiando; che ricorda bene il rogo, e non ha per niente cristianamente perdonato.

Giordano Bruno, in una stampa d’epoca

Zio Giordano racconta, a richiesta ripetuta di Gemello due:

“Zio Giordano ci racconti un’altra volta di quando quei preti cattivi ti hanno infuocato vivo?

Arso – dice mio fratello […]

“Dunque, come vi ho già detto, è stata tutta colpa mia. A quei tempi vivevo a Francoforte ove mi ero rifugiato dopo esser fuggito da Napoli ed aver girato mezzo mondo […]”

Fino a:

Roma, Campo dei Fiori, 8 febbraio 1600.

«Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam»[ii]).

Ma vedi come mi è venuto bene il momento! Oggi, giorno in cui comincio a scrivere di questo romanzo, è per l’appunto, l’8 febbraio: Anniversario che merita un ricordo!

(Peccato che poi, da qui, più o meno, io abbia interrotto la mia scrittura. Capitemi: crisi di governo più residui di stanchezza Covid: diciamo pigrizia. E siamo ad oggi).

Dicevamo come, dismessi i panni dell’eroico orgoglio, Giordano sia ancora molto arrabbiato con la Santa Sede. Ma, completata la documentazione, il viaggio dovrà finire comunque a Roma. Esiti dell’impresa incerti; per certi versi, oscuri.

Che dire, dunque, di questo romanzo? A parte il mio giudizio affascinato. A parte una scrittura a tratti volutamente sontuosa e ilare? Era da un po’ di tempo che non mi divertivo tanto quanto mi sono divertita (e non solo) nel leggere queste pagine.

I personaggi, ognuno per sé e tutti in solido, unitamente all’ambientazione, e agli agganci storici sparsi qua e là, daranno quale esito la costruzione di un perfetto rompicapo, che catturerà il lettore con umorismo ma anche con grande intelligenza (e se non è così, l’intelligenza da mettere in discussione è la mia: e ci può stare).

Ogni personaggio, che, ad ogni capitolo, sarà la voce – e la personalità, e il linguaggio – narrante, consentirà al lettore di conoscerlo e di conoscere gli altri componenti il gruppo a tutto tondo; e, forse, consentirà al lettore di conoscersi, restituendogli qualche pezzo di quelle identità-fantasie che abitano in ognuno di noi; qualche pezzo di storia-sogno vissuto.

Saranno pezzi, niente di più, brandelli di vecchie e nuove appartenenze reali-sognate, ben radicate: capaci di costruire personaggi vivi e reali.

La risultante: un rompicapo ben risolto, che consentirà ad ognuno di ritrovare, e trovare amabili (non sempre accade) proprio quei pezzetti di sé sparsi qua e là, momenti della propria storia – e attenzione, magari futura! Cosa sarà mai il tempo, dopotutto! E chi mai potrà negare, anche senza avervi veramente riflettuto, un proprio sentirsi, per dire, a pezzi.

Il lettore, dentro queste pagine, si sentirà in famiglia, gemelli, zio Giordano e BUF compresi; e potrà cogliere, nel rompicapo, intuirvi, figure e situazioni note che, se, vedi caso, viveva con disagio, si scioglieranno nel sorriso.  

Quanto al signor Emme, Il lettore saprà alla fine del libro di chi trattasi, pur con indizi, perché Massimo Roscia, quando racconta, prende in carico il mondo della realtà. Totalmente e senza fare sconti.

Anche lui pare combatta la damnatio memoriae – che può riguardare un dimenticato scrittore giornalista, o noi stessi.

Una ultima cosa sulla casa editrice: Exorma.

Tra le sue collane ce n’è una, in cui questo romanzo è inserito, particolarmente curiosa.

Nome: Collana “Quisiscrivemale”; che viene presentata, nel sito, così:

“La collana quisiscrivemale è dedicata alla narrativa. Viviamo l’epoca dell’informazione superveloce, sappiamo tutto ma non sappiamo nulla e condividiamo un contesto che sembra voler disertare la complessità: tutto deve essere facile, corretto e conforme, omologato, “scritto bene”.

Ecco perché dalle parti di Exòrma si “scrive male” .

Si poteva dir meglio? Specialmente incontrando un autore che, decisamente, “scrive bene”?


[i] (Index librorum prohibitorum – l’Indice dei libri proibiti; che ha colpito tutte o quasi le opere di D’annunzio, e a seguire.

[ii] Perdonatemi, ma la citazione (vera o meno che sia non importa) ci sta troppo bene:

Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla»