…e se quei due ragazzi avessero ragione?

Antonio Tabucchi, “Sostiene Pereira. Una testimonianza”, Feltrinelli

“Era il 25 venticinque di luglio del millenovecentotrentotto, e Lisbona scintillava nell’azzurro di un brezza atlantica, sostiene Pereira.”

In Europa molto stava accadendo; e tutto stava per deflagrare.

Antonio Tabucchi scrisse questo libro tra il 1992 e il 1994. In Italia qualcosa era accaduto, dopo anni difficili, di terrorismo, di stragi; qualcosa stava per accadere. Un tempo stava finendo. I grandi partiti che avevano guidato la politica italiana dal dopoguerra erano spariti. Un tempo diverso si apriva.

Oggi, ancora una volta, un tempo diverso si sta aprendo nel mondo. Comunque vada.

E la letteratura vive nel mondo. Cambia, con il mondo. E ritorna, quando si tratti di libri che non se ne erano mai andati.

“A Pereira venne in mente una frase che diceva sempre suo zio, che era un letterato fallito, e la pronunciò. Disse: la filosofia sembra che si occupi solo della verità, ma forse dice solo fantasie, e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie, ma forse dice la verità.”

Siamo a Lisbona, durante la dittatura di Salazar. Nella vicina Spagna infuria la guerra civile contro il franchismo. L’Europa intera si schiera e invia forze e mezzi all’una e all’altra parte. Il governo portoghese, il cui modello è il fascismo mussoliniano, con dichiarate simpatie per la Germania hitleriana, si mantiene ufficialmente neutrale, e tale rimarrà, con la Spagna di Francisco Franco, anche nel corso della tempesta che si avvicina e per tutta la durata della guerra.

Il dottor Pereira è il direttore della nuova pagina culturale del “Lisboa”, un piccolo giornale della sera. Alle spalle una lunga carriera nella cronaca di giornali importanti – l’informazione ci arriverà attraverso degli incisi qua e là, che niente hanno a che fare con il presente del protagonista.

Vedovo, senza figli, unica sua compagnia sembra essere il ritratto della moglie, cui parla, mentre le sue giornate trascorrono dentro una stanzetta-redazione; unica relazione-non relazione la portiera impicciona e sospetta, a ragione, di essere una informatrice della Polizia.

Il momento politico è difficile. La stampa è sottoposta a censura.

Sovrappeso, affetto da problemi cardiaci, il dottor Pereira è preda di un’infelicità che neppure sa di se stessa. Legge i suoi amati autori francesi dell’ottocento, Mauriac, Bernanos; ne traduce i racconti.

Cattolico, crede nella resurrezione dell’anima…

“Nell’anima, sì, certo, perché era sicuro di avere un’anima; ma tutta la sua carne, quella ciccia che circondava la sua anima, ebbene no, quella non sarebbe tornata a risorgere, e poi perché, si chiedeva Pereira. Tutto quel lardo che lo accompagnava quotidianamente, il sudore, l’affanno a salire le scale, perché dovevano risorgere?”

Una vita semplice, desolata e faticosa.

Quel giorno, “quel bel giorno d’estate”, di “un azzurro mai visto, sostiene Pereira, di un nitore che quasi feriva gli occhi, lui si mise a pensare alla morte. Perché? Questo a Pereira è impossibile dirlo.”

Un articolo, in una rivista, pubblicava una riflessione sulla morte. Era parte della tesi di laurea in Filosofia di un tale Francesco Monteiro Rossi. La redazione della pagina culturale aveva bisogno di essere ampliata, al dottor Pereira sarebbe servito almeno qualcuno che preparasse i “coccodrilli”, ma insomma, non solo di questo si trattava. Attratto dall’articolo di Monteiro Rossi, Pereira lo cerca al telefono per proporgli una collaborazione.

Antonio Tabucchi

La storia si dipana. Nei giorni di Pereira si inserisce questo ragazzo che non ci pensa proprio alla morte; che pensa alla vita; che ha una fidanzata, Marta; che pare militi, insieme a lei, con le forze antiregime e per dare aiuto ai combattenti repubblicani in Spagna.

Si crea uno strano legame: Monteiro Rossi produce articoli che mai passerebbero la censura; totalmente impubblicabili. Pereira glieli paga, di tasca sua, e li mette in una cartellina. Non sa dire il perché. Molto spesso Pereira non sa dire il perché di qualcosa. Marta fa da tramite tra i due; il ragazzo è spesso lontano, sta aiutando un suo cugino, in fuga, con documenti falsi, a trovare volontari per la Spagna.

Pereira sogna. Spesso. E sempre verremo a sapere che “…era proprio un bel sogno…ma Pereira preferisce non dire come continuava, perché il suo sogno non ha niente a che vedere con questa storia, sostiene.”

Non è proprio solo, Pereira. Ha un buon rapporto con don Antonio, un parroco suo amico e confessore, che incontra con una certa frequenza. Ha un amico, dei tempi andati, Il professor Silva, con cui la sintonia sembra tuttavia spezzata.

La storia si snoda attraverso nuovi incontri, fugaci, come quello con la signora Delgado, ebrea tedesca di origine portoghese, una bella signora invalida che, dopo una visita alla propria terra d’origine, sta per partire per gli Stati Uniti.

Il loro sarà solo un incontro di viaggio sul treno che porta lui a un fine settimana alle terme e lei a lasciare, con la Germania, l’Europa. Un pranzo nel vagone ristorante; una conversazione:

“Anch’io forse non sono felice per quello che succede in Portogallo, ammise Pereira. La signora Delgado bevve un sorso d’acqua minerale e disse: e allora …lei è un intellettuale, dica quello che sta succedendo in Europa, esprima il suo libero pensiero, insomma faccia qualcosa.”

“Era bello quel piccolo Portogallo baciato dal mare e dal clima, ma era tutto così difficile, pensò Pereira.”

Ci sarà l’incontro con il dottor Cardoso, alla clinica dove Pereira trascorrerà una settimana per cure. Non sarà, questo, un incontro fugace. Sarà un incontro di pensiero, terapeutico, carico di futuro. Un incontro della vita.

Pereira ha scoperto in sé un profondo bisogno di pentimento – di nulla, tuttavia; sola cosa reale quell’incompreso bisogno-desiderio.

“…il fatto è che mi è venuto un dubbio: e se quei due ragazzi avessero ragione? In tal caso avrebbero ragione loro, disse pacatamente il dottor Cardoso, ma è la storia che ce lo dirà e non lei, dottor Pereira. Sì, disse Pereira, però se loro avessero ragione la mia vita non avrebbe senso, non avrebbe senso avere studiato lettere a Coimbra e avere sempre creduto che la letteratura fosse la cosa più importante del mondo (…) non avrebbe senso più niente, ed è di questo che sento il bisogno di pentirmi, come se io fossi un’altra persona e non il Pereira che ha sempre fatto il giornalista, come se io dovessi rinnegare qualcosa.”

“Lei conosce i médecins philosophes?

E, mentre il legame con il giovane Monteiro Rossi e con Marta si fa, per Pereira, sempre più importante, l’incontro con una teoria, con un pensiero capace di dare una direzione al suo sentire confuso contribuiranno a imprimere una direzione al suo fare; e vi saranno nuovi fatti; mentre un precipitare di eventi darà luogo al “fare qualcosa”, magari una cosa piccola, o grande, difficile dire.

Il libro contiene in nota uno scritto di Antonio Tabucchi, pubblicato su “Il Gazzettino” nel settembre del 1994, dove l’autore narra la genesi di quest’opera:

Il dottor Pereira mi visitò per la prima volta in una sera di settembre del 1992. A quell’epoca lì non si chiamava ancora Pereira, non aveva ancora i tratti definiti, era qualcosa di vago, di sfuggente…Era un personaggio in cerca di autore. Non so perché scelse proprio me per essere raccontato (…)”  

Ci verrà narrata la relazione della fantasia con la realtà, e con l’impegno civile cui nessun autore sfugge, perché anche il silenzio, anche la fuga, sono parola. E urlano forte.

Un giorno d’estate a Lisbona, era giunta a Tabucchi la notizia della morte di un vecchio giornalista portoghese che aveva operato negli anni quaranta e cinquanta, divenendo infine esule a Parigi dove Tabucchi lo aveva incontrato.

“Lui tornò e io gli trovai subito un nome: Pereira. In portoghese Pereira significa albero del pero, e come tutti i nomi degli alberi da frutto, è un cognome di origine ebraica, così come in Italia i cognomi di origine ebraica sono nomi di città.”

Da questo libro è stato tratto, nel 1995, un bellissimo film, interprete un magistrale Marcello Mastroianni, per la regia di Roberto Faenza, con musiche di Ennio Morricone.

Sostiene Pereira” è sicuramente il libro più conosciuto di Antonio Tabucchi. Non è detto sia il migliore. È sicuramente un capolavoro; per ogni tempo; per un tempo quale il nostro, lo è particolarmente. Pare a me.