Questa chiacchierata non può che titolarsi così: “Intermezzo”. Perché i giorni della mia ultima settimana, dal punto di vista della lettura, sono stati particolari. E qui, ora, non posso far altro che raccontare e trarne qualcosa.
Dunque. Stavo terminando la lettura di “Sul Grappa dopo la vittoria”, libro che mi aveva entusiasmato fin dalle prime pagine, quando ancora non mi aspettavo quello che ho poi incontrato, la “potenza” delle pagine centrali, quello sguardo senza difesa sulla montagna devastata, sui morti, sull’abbandono e l’orrore. Lo ripeto: un grande libro, di cui solo dopo averlo terminato mi sono resa conto che la voce narrante non era quella di un anziano reduce (“Sono venuto al mondo il 13 luglio 1908”) ma la creazione, forse la restituzione, da parte di una voce che appartiene alla generazione dei pronipoti. Grande.
E così, mentre terminavo la lettura e mi apprestavo, come sempre, a rileggere e a scriverne, c’è stata l’occasione di un percorso in autobus, il trarre dalla borsa il Kindle che ho sempre con me, ideale per spulciare, leggiucchiare qua e là, in situazioni senza impegno, e l’occhio, il dito, è caduto (lo avevo probabilmente in mente, ne avevo parlato nell’ultima chiacchierata) su “Il signore degli anelli”.
Ne abbiamo parlato, credo: un e-reader è l’ideale per portare con sé molti libri, grandi classici così come una scorta di buoni gialli per i momenti del tipo non si sa mai; si hanno così a disposizione anche copie di quei libri che sono troppo voluminosi per poterli leggere comodamente senza farsi distruggere il polso dal peso, o davvero scomodi da portare in borsa, dove peraltro ci potrebbe stare un solo libro, non una piccola biblioteca.
E così, il dito mi cade su Tolkien: niente di meglio, per trascorrere venti minuti, di un libro ben conosciuto e che si legge sempre con piacere, magari saltabeccando qua e là senza impegno – e finisco dritta sull’incipit. Si apre la porta su un mondo: il maleficio è compiuto e il viandante catturato.
Tre anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra
Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra cupa scende.
Per alcuni giorni e notti quasi insonni non sono più riuscita a staccarmene. Mi sono nuovamente bevuta tutta la saga, e risento ancora la pena del distacco, so che potrei ricominciare da capo e rifugiarmi nella Terra di Mezzo decidendo di non uscirne più – poco importa il fatto che la Terra di Mezzo non esista, anzi, su questo potremmo persino aprire una riflessione.
Mentre leggevo, ero anche preda di un lieve (molto lieve) senso di colpa. Sì, perché, mentre fortunatamente il romanzo di Malaguti manteneva la sua presa, e ne avevo completata la recensione, per giorni mi sono data ad un pressoché totale ozio (posto che leggere equivalga a non fare nulla).
Così, mentre leggevo, ho cercato una scusante, ho pensato che potevo approfittarne per mettere a tema un argomento che la immensa critica su questa opera non ha certo trascurato ma che io non avevo mai esplorato bene, vale a dire le presenze femminili nella saga. Poche, molto interessanti.
Così ho fatto, e ora ho un tema da ruminare, il che è sempre piacevole. Tra l’altro, mentre non tutti i libri consentono di aprire temi, interrogativi che, ma non vorrei usare paroloni, si riflettono sulla nostra vita, quando un libro consente questo, l’apertura di altri temi, l’esplorazione di altri ambiti, è un vero regalo, è come avere un gioco infinito per la nostra mente e per il nostro stare al mondo. Ed è il motivo per cui certi libri si leggono e si rileggono e si rileggono.
Così, ora ho qualcosa su cui meditare: non certamente sulle accuse di ogni tipo che sono state rivolte a quest’opera, a partire dall’accusa di essere un’opera maschilista (non lo è, anzi).
E’ certo invece che i personaggi femminili in quest’opera hanno in comune il fatto di rappresentare sempre grandi Forze del Bene, di spiccare sul loro doppio maschile, rappresentando la forza concreta che traduce una titolarità maschile del ‘potere’ formale che il contesto, l’ambientazione, impone.
A Dama Galadriel, la Dama di Lòrien, del popolo degli Elfi, sicuramente non fa ombra Celeborn, il suo sposo; così come Tom Bombadil non mette in ombra Baccador, la sua sposa, la Figlia del Fiume, a sua volta espressione di un universo benevolo e potente, pur se lei sembra rappresentare un tipico universo femminile dedito alla casa (fa il bucato, cucina per gli ospiti).
C’è Arwen, nipote di Dama Galadriel, che diverrà la moglie di sire Aragorn scegliendo di condividere un destino umano e non partire con il popolo degli Elfi, che infine lascerà la Terra di Mezzo.
C’è la umana Eowyn, la guerriera, che sposerà Faramir, futuro Principe dell’Ithilien. Figure ‘umane’ che mantengono la funzione benefica, e potente, assegnata al femminile.
Ci sono poi le due uniche donne hobbit, la vecchia e un po’ megera, antipatica, Lobelia Sackville-Baggins e c’è la giovane Rosie Cotton.
Lobelia, alla fine, saprà superarsi, innanzitutto esprimendo la forza, la capacità di ribellione che la popolazione maschile hobbit non aveva trovato in sé per opporsi ai malvagi. Lobelia chiuderà la propria vita, centenaria, come fonte di bene che contribuisce a ricostituire il mondo buono che era stato violato.
Quanto a Rosie, sposerà Sam, gli darà dei figli e costruirà una bella famiglia, che è esattamente quanto aveva deciso di fare.
Ma ci sono, in questa saga, altri personaggi femminili che svettano attraverso la propria assenza: sono le donne degli Ent, il popolo dei Pastori di Alberi. Le Entesse, stanche di essere limitate dal mondo in cui si trovavano (e dai propri uomini?) se ne sono andate non si sa dove, condannando alla solitudine e, in prospettiva, nonostante la loro potenziale immortalità, all’estinzione, il proprio popolo per mancanza di ‘entini’.
Ma non si sa. Non è detto. Dopotutto non mancherà loro il tempo per fare scelte diverse. La storia del loro essersi allontanate e mai più ‘tornate a casa’ è, dopotutto, raccontata solo dalla parte maschile: vai a sapere come è andata davvero. Grande.
Mi impegno a un “Parliamone” standard, a stretto giro, con altre letture da proporre.