Una piccola morte e una rinascita: la nuova traduzione di un libro molto amato.

John Ronald Reuel Tolkien

È in corso la nuova traduzione italiana, affidata a Ottavio Fatica, di “Il Signore degli anelli”. La notizia è stata data anche dalla stampa quotidiana – “Robinson” di “Repubblica” del 29 aprile scorso ha riproposto una parte dell’intervista rilasciata a Loredana Lipperini dal noto traduttore e pubblicata integralmente sul sito dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani (qui)

Già a Novembre 2018 – un tempo dietro l’angolo – Bompiani dovrebbe mandare in libreria il Primo libro dell’opera – “La compagnia dell’anello” – nella nuova traduzione.

Nel frattempo, chi potrà essere a Torino, al Salone del Libro, il 12 maggio alle ore 14, potrà assistere a un dialogo – tema: Tradurre Il Signore degli Anelli – tra Ottavio Fatica e Roberto Arduini, Presidente dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani. L’incontro si terrà nella sezione “L’autore invisibile”, curato dalla traduttrice Ilide Carmignani.

Io purtroppo non ci potrò essere, ma credo di poter trovare interessante il libro di Ilide Carmignani, “Gli autori invisibili. Incontri sulla traduzione letteraria”, Besa Editrice.

La traduzione italiana di “Il Signore degli anelli” è una storia avventurosa e confusa; è anche una strana e non edificante storia editoriale. Provo a riassumere.

La prima edizione italiana del Primo libro è datata 1967; pubblicata da Astrolabio nella traduzione, tuttora in uso, di Vittoria (Vicky) Alliata di Villafranca[i] che, al tempo, aveva sedici-diciassette anni e la cui traduzione – da cinquant’anni utilizzata e da cinquant’anni criticata – è stata approvata dallo stesso Tolkien.

La prima edizione Astrolabio è stata tuttavia un disastro editoriale, tanto che, a questa prima parte dell’opera, non è potuta seguire, da parte dell’editore, la pubblicazione delle altre due parti.

Acquisiti i diritti da Astrolabio, l’editore Rusconi ha infine pubblicato l’intera opera mantenendo la traduzione di Vicky Alliata, con interventi correttivi operati dal nuovo curatore Quirino Principe: ma soprattutto con una Introduzione di Elemire Zolla che, a differenza della traduzione Alliata, Tolkien non approvò in quanto contraddiceva, nella propria interpretazione, la Prefazione all’edizione originale scritta dall’autore stesso.

Si apriva il caso tutto italiano, che ha pesato per anni, e forse pesa ancora su “Il Signore degli Anelli” che, dopo un ulteriore passaggio dei diritti da Rusconi a Bompiani, è a tutt’oggi editato nella traduzione di Vicky Alliata, corretta e integrata quanto si vuole, ma sempre corredata dalla Prefazione di Elemire Zolla, che ne propone una improbabile e contraddittoria lettura in chiave mitologica, allegorica. Questo ha dato adito a una stranissima interpretazione di questo libro in chiave politica (non ufficiale, sottaciuta) di estrema destra, orientamento impossibile da attribuire a Tolkien, e peraltro all’opera: a parte tutto, resta incomprensibile perché mai non sia stata mantenuta la Prefazione dell’autore le cui parole, a questo proposito, non sono equivocabili:

 “Per quanto riguarda qualsiasi significato più profondo o ‘messaggio’, l’opera nelle intenzioni dell’autore non ne ha. Non è allegorica né riguarda temi di attualità”. (qui)

Ora finalmente ci siamo: per quest’opera, e per tutta l’opera di Tolkien in italiano, dovrebbe iniziare un nuova storia. Anche altro bolle in pentola.

Nella foto: Vittoria Alliata ritratta a Villa Borghese. Foto: RINO BIANCHI

E tuttavia, rimanendo a “Il Signore degli Anelli”: Ottavio Fatica, nell’intervista rilasciata a Loredana Lipperini, squalifica il lavoro di Alliata in un modo profondamente ingiusto; in un modo che tale traduzione non può meritare, dopo aver avuto l’approvazione dell’autore ed essere stata utilizzata per cinquant’anni. Ottavio Fatica opera una squalifica che non viene mitigata dall’encomio paternalistico con cui <pare> elogiare la collega dicendo “(…) tanto di cappello a una ragazza giovanissima che accettò un’impresa del genere: non avrei saputo farlo, alla sua età.

Soprattutto, colpisce l’affermazione per la quale, nella traduzione Alliata, si troverebbero “cinquecento errori a pagina per millecinquecento pagine” (Sic!)

Ora, non vorrei dire ma, una pagina a stampa contiene molto meno di 500 parole: che nel testo non ci sia dunque un solo termine tradotto giusto o contenente un solo errore, oltre a errori di altro tipo è davvero dura da accettare e Tolkien, un tipo molto attento a cosa gli editori facevano dei suoi testi, doveva aver avuto un momento di distrazione davvero particolare quando ha approvato la traduzione Alliata.

Ecco: il mio inglese non esiste; non sarei in grado di esser certa di una mia traduzione dall’inglese delle istruzioni d’uso di un detersivo. Tuttavia, mi perdoni il grande traduttore, la cui opera peraltro attendo con ansia: tutto questo infastidisce. Sia ben chiaro: un certo ipertrofismo dell’io (che non sarà il caso del prof. Fatica ma lo sembra) può convivere benissimo con la grande professionalità che gli è ampiamente riconosciuta. Ma non fa bene all’attesa della nuova traduzione, proprio no; e non aiuterà ad accoglierla e, perché no, ad applaudirla, come spero.

A latere: è di Ottavio Fatica la nuova traduzione per Einaudi di “Moby Dick”, e sue sono anche pesanti critiche alla traduzione di Cesare Pavese (qui)

Anche in questo caso mi chiedo: non era possibile dire che ogni traduzione rispecchia l’interpretazione del traduttore, e la contiene? Narrare e motivare il proprio approccio, punto e fine? Da lettrice, ne sarei stata incuriosita e, quasi sicuramente avrei scelto di affrontare una rilettura di Moby Dick nella nuova traduzione. Sarebbe stato interessante, no?

Ecco: no. Non dopo che ho sentito Fatica dire che “Pavese non capì”. Non dopo che ho sentito dire che Pavese aveva solo 23 anni ed è stato dunque bravo, non padroneggiando davvero bene l’inglese, a tradurre (male) come ha fatto – giusto giusto come per la Alliata: una pacca paternalistica sulla spalla con aggravio di squalifica incorporato.

Così, ora desidero rileggere Moby Dick, e desidero rileggerlo, vedi un po’, nella traduzione di Cesare Pavese.

Ma poi Ottavio Fatica, per Adelphi, ci regala Kipling, e molte storie da leggere; ci regala Puck il Folletto da rifrequentare.

Un grande traduttore – curatore che è bene seguire nel suo lavoro. Forse non sempre. Vedremo. Perché, se lui è un grande nel suo campo, io sono una lettrice: e questo è il massimo. Autori, traduttori, curatori, editori ne debbono tener conto prima di squalificare qualche mio/nostro grande amore.

Da parte mia, cercherò – ma perché richiedermi questa fatica! – di tener conto del fatto che un qualche grado di ipertrofia dell’io ci può stare per tutti e tanto più in affiancamente a una elevata professionalità. Non sempre, tuttavia. Non sempre.

Nel frattempo, resto in ansiosa attesa di “Il Signore degli Anelli”. Perché questo libro è, per me, uno dei due o tre libri che non smetto mai di leggere; è il libro-rifugio dei momenti in cui ho bisogno di andare via, ma facendolo bene, a far qualcosa di utile e bello, niente a che fare con qualche banale ora di evasione, con un buon giallo e via.

Purtroppo, mi rifugio troppo spesso nella Terra di Mezzo e così mi trovo di fronte ad un serio problema: conosco questo libro praticamente a memoria (si fa per dire, ma è veramente così). Non saprei dire quante volte l’ho letto – tutto di fila, giorni e giorni a non far altro e non rivolgere la parola a nessuno; a spezzoni; per temi. E dunque ormai fatico a trovarvi rifugio. Avrei bisogno di lasciare il libro per alcuni anni prima di potermi reimmergere, nuova, e nuovo lui, nelle sue pagine. Invidio profondamente chi lo può leggere per la prima volta. Sbalordisco e mi dolgo tantissimo per coloro che, potendolo fare, non lo leggono.

Da sempre, tuttavia, desidero che qualcuno, un mago, non so, mi possa regalare tutte le poesie e le canzoni del libro in una versione dove anche il ritmo, le rime, la cantabilità, nella mia lingua italiana, trovino casa. Ed ecco: una nuova traduzione. Che promette una nuova lettura.

Attendo con ansia – il piacere? La rabbia? La delusione? La novità? – una possibilità di conoscere nuovi luoghi e fare nuovi incontri nella Terra di Mezzo.

Provo grande timore che questa nuova traduzione distrugga la mia casa tanto amata; per la possibilità che, letta e buttata la nuova traduzione, io non sia più in grado di ritrovare, nell’innocenza, il mio vecchio libro – vecchio fin là dato che, per il vizio di prestarlo e non averlo mai più di ritorno, ne ho sempre una copia, al momento due, recenti. Senza contare la copia e-book per la comodità.

Mi aspetto felicità per una nuova lettura, un nuovo viaggio nella Terra di Mezzo, una nuova battaglia al fosso di Helm, un nuovo riposo nella casa di Tom Bombadil; ma anche di trascorrere una serata tranquilla, ora i tempi saranno buoni, al Puledro Impennato, dove Omorzo Cactaceo provvederà a farci ben mangiare, bere bene e infine riposare dentro un letto morbido e caldo.

Io aspetto fiduciosa: ma con le unghie pronte. Sarà una lunga attesa.

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[i] Figlia del regista Francesco Alliata Principe di Villafranca, nipote della pittrice Topazia Alliata e dell’etnologo e scrittore Fosco Maraini, genitori della scrittrice Dacia Maraini. Nata  il 23 gennaio del 1950, studiosa del mondo islamico. A sedici anni consegna la traduzione di Il Signore degli anelli realizzata su incarico dell’editore Ubaldini (Astrolabio), dopo aver superato una prova di selezione con la verifica di Tolkien. Tradusse i primi due libri. Il terzo lo tradurrà in seguito, per l’editore Rusconi. Al tempo della prima traduzione lavorava già – per pagarsi i viaggi, racconta lei – come interprete e traduttrice simultanea, essendosi già diplomata alla Scuola Interpreti di Roma mentre frequentava il Liceo francese di Roma e studiava l’arabo all’Istituto per l‘Oriente, dai Padri Bianchi e a Beirut. Si è laureata a 19 anni con una tesi sul diritto islamico.

Scrittrice e viaggiatrice, ha vissuto in diversi paesi. I suoi libri hanno ad oggetto principalmente il mondo islamico. Oggi si occupa della cura e del recupero della Villa Valguarnera di Bagheria, storica residenza della sua.famiglia.