La libraia virtuale ha riaperto i battenti

La libraia virtuale riapre i battenti e deve confessare, con grande scorno, di non aver portato a termine, nel mese trascorso, nessuno degli obiettivi, per quanto vaghi, che si era prefissata – ad esclusione di uno: darsi alla vacanza, nel senso etimologico del termine: essere vacuo, sgombro, libero, senza occupazioni.

Tuttavia: anche questo stava nel programma, il regalarmi una vera vacanza a casaccio e dunque, perché no.

Ora, tuttavia è un po’ difficile rientrare in discorso, dopo un periodo così, da perfetta pelandrona.

Non mi resta, dunque, per oggi, che scegliere di chiacchierare, del più e del meno, su libri letti, su libri in corso di lettura, su tempo perso e cose così. Facciamo finta che entri qualcuno in libreria, c’è ancora un po’ di disordine, libri da sistemare, ma per intanto ci possiamo prendere un buon caffè (ovviamente la libreria è dotata di angolo bar, divanetto e poltroncine), scambiando qualche chiacchiera senza pretese. Poi, con calma, ci andremo a scegliere un libro.

Nel corso del mese di giugno mi sono dedicata alla lettura, e purtuttavia sempre un po’ a casaccio, incocciando peraltro, con questo metodo, i due bellissimi libri di cui ho scritto nelle ultime due recensioni. Ho tuttavia occupato le mie giornate vacanziere in buona parte facendo soprattutto altro: talora risulta indispensabile una disintossicazione (sì, anche dalle troppe ore occupate nella lettura) che eviti una caduta senza ritorno al di fuori delle vita reale: la lettura non dovrebbe mai essere qualcosa che distoglie dal mondo, bensì il suo esatto contrario; solo che, come per ogni cosa, può accadere che la si usi nel modo sbagliato; così come ci sta che, talvolta, la si usi esattamente per trovare una via di fuga dal quotidiano: in certi momenti va pure bene, purché la cosa non duri troppo.

Per dire: nel corso di alcuni giorni, diciamo di malattia, costretta più o meno sul divano (non che la cosa mi costi molta fatica ma, a un certo punto, la noia subentra) mi sono riletta – ed è la terza lettura, sia pure completata in velocità, tirata via, come si dice – l’intera trilogia di Stieg Larsson, “Millennium”: e devo dire che, ancora una volta, ho pure apprezzato, non riuscendo tuttavia a districarmi tra i contenuti della storia che potremmo definire seri, di un qualche spessore, e i contenuti che possiamo definire biecamente accattivanti, finalizzati ad assicurare alla storia un adeguato successo di cassetta, a farne un prodotto  altamente vendibile, come in effetti è. Il tutto, gestito su di un crinale che sta tra la storia fantasy – un personaggio come Lizbeth Salander non credo lo si possa incontrare nella realtà, neppure in quella svedese – e la storia che tratta un tema – la violenza contro le donne e le normative che dovrebbero contrastarla e invece, a quanto pare, vengono pesantemente disattese anche in Svezia, dove si confrontano una elevata civiltà libertaria e una società maschile che permane, su questo fronte, come ovunque, culturalmente arretrata.

Il tema, di suo, è oggi, nella nostra Italia, più che mai all’attenzione o, per dirla meglio, parrebbe, dovrebbe, esserlo: e invece riempie i social (in modo tutt’altro che utile) ma non riesce a dar luogo a un vero confronto culturale; e non sarà, in ogni caso, questo o un altro libro a cambiare i giochi, e dunque, un po’, si tratta di un libro, anzi di tre libri, che possono anche, come dire, infastidire.

È tuttavia un’opera scritta e costruita bene, in particolare il primo libro: un giallo a regola d’arte con qualcosa di più, per chi ama un po’ di horror (non è il mio caso: ma con questo tipo di libri non c’è problema, è sufficiente saltare qualche pagina qua e là.

Mi accorgo di ritenerlo un libro noto, che chi ne ha l’interesse ha già sicuramente letto, mentre chi non lo ha letto, ad oggi, non lo leggerà, sapendone, tuttavia, qualcosa: ne è stato anche fatto un film, che ho visto, in parte. A differenza dei libri: brutto.

Il successo della trilogia[i] è stato sicuramente trascinato anche dalla inaspettata e improvvisa morte dell’autore proprio mentre Millennium era incorso di edizione.  Oggi, di quella trilogia, esiste un sequel (ormai credo più d’uno), scritto da un altro autore, che ho letto, lo ammetto, essendo prevenuta in partenza: chissà cosa ne direbbe Stieg Larsson. Non ho apprezzato.

È la storia infinita delle saghe che, Harry Potter insegna, quando sono finite (e tanto più se muore l’autore) dovrebbero considerarsi finite e non dare luogo a film, video, giochi, gadget e quant’altro, ammazzando i libri da cui derivano (solitamente con il consenso dell’autore). Se uno le ama davvero tanto, le rileggerà.  A meno che, il tema non è da poco, il libro stesso, la narrativa mainstream (dio quanto mi secca usare questa parola; non sono mai certa che vada bene, ma tant’è) non stia subendo, non abbia già subito un cambiamento che – hai voglia di discutere e-book o cartaceo. È in gioco il futuro del libro.

Nel corso del mese ho tuttavia goduto di belle letture; che in parte sono state riletture, mentre sto ancora gustando il bellissimo Mark Twain – credo di averne già accennato – di “Seguendo l’equatore”, del quale mi piacerebbe dare una qualche restituzione.

E poi: Lewis Carrol, “Alice attraverso lo specchio”. Un libro per l’infanzia? Mai più; semplicemente un libro molto particolare (per com’è costruito, per “il problema di scacchi” su cui pare (per quanto mi riguarda posso dire solo “pare”) essere costruito, di cui è impossibile, e non credo solo per me, capire un’acca (sono una scacchista molto al di sotto della mediocrità), per i giochi di parole e i problemi di traduzione che gli stessi pongono. È tuttavia certo che, se lo si affronta con la dovuta disponibilità allo stupore e con la connessa impermeabilità allo stupore proprie dell’infanzia, senza farsi domande oziose su di un supposto principio di realtà – e su di un qui inutile principio di non contraddizione – è un libro che regala un tempo formidabile.

Ha un pregio aggiuntivo, questo libro: pur essendo di dimensioni contenute, lo si legge con meravigliosa lentezza, è un libro che dura; al momento di dormire lo si può riporre e continuare a rimanere dentro lo specchio e rimuginarci sopra con piacere. Non è cosa da poco. Un piacevole modo di scivolare nel sonno.

Ne parleremo? Non so. Non è facile, temo. Per me.

Come tutti sappiamo, il libro è, in qualche modo, un seguito di “Alice nel paese delle meraviglie”, una fiaba – ma davvero la possiamo chiamare fiaba? – con la quale tuttavia non condivide se non il personaggio Alice Liddell, del quale è oggi difficile recuperare l’originale sfrondandolo da tutte le trascrizioni cinematografiche – e in assoluto dalla trascrizione realizzata dal film della Disney – che hanno realizzato una storia per l’infanzia universalmente nota partendo da un libro che non è, non solo, una favola per bambini, e che è ormai quasi irrecuperabile nella sua originalità.

Alice attraverso lo specchio” resta, in ogni modo, un libro che può essere letto a sé, assumendo come nota la prima storia. Mentre resta, sempre, altamente borderline, e pregnante per la lettura, la figura del narratore, di quel Charles Lutwidge Dodgson, alias Lewis Carroll, matematico, scrittore, fotografo la cui figura, a tutt’oggi, ci interroga dentro una domanda che ha a che fare con l’epoca vittoriana, con i suoi tabù ma anche con una sicuramente diversa visione dell’infanzia.

Nel frattempo, ho riletto, e la seconda lettura è stata la migliore, il romanzo di Pina Bertoli, “Infondate ragioni per credere all’amore”. Un romanzo che regala voci molto interessanti, Sarà la prossima recensione.

Ho ripensato, ma non quanto avrei voluto, a questo spazio, a come è nato, a come si è in parte trasformato in qualcosa di diverso da ciò che mi ero ripromessa. Ho pensato alla rete di relazioni che, nel tempo, si è costruita e a come, oggi, io sia molto più interessata a leggere tutto ciò che gli altri blogger scrivono, a tutti i consigli di lettura che ricevo, che non a darne. Pure se, va da sé, quando incoccio un bel libro, riprende la voglia di condividerlo, e scriverne.

E sì, ora basta vacanza. Ci sono un bel po’ di domande da scambiare, un bel po’ di riflessioni da condividere, se ci riuscirò.

Credo sia anche il tempo di riprendere a raccontare le gite in libreria che avevano segnato il primo anno di questo blog. In questi ormai quasi cinque anni, cose sono cambiate nel nostro mondo di libri e varrebbe la pena di fare il punto.

Se qualcuno è arrivato a leggere fin qui, si abbia i miei più sentiti ringraziamenti.

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[i]Uomini che odiano le donne”, “La ragazza che giocava con il fuoco”, “La regina dei castelli di carta”, Marsilio