Per un bel libro, di piacevole lettura:
Valeria Corciolani, “Con l’arte e con l’inganno”, Rizzoli 2021
Non avevo in programma questa recensione/chiacchierata ma ho appena finito di leggere – e rileggere – questo nuovo romanzo di Valeria Corciolani e sto ancora divertendomi. Non c’è come imbattersi in un personaggio femminile tosto. E in una storia che contiene anche aspetti seri e contenuti interessanti pure se, talvolta inopportunamente, si ride. E dunque: vado! Incerta tra il condividere qualche pensiero in libertà sull’autrice e il raccontare qualcosa del romanzo.
Da dove comincio? Dal romanzo. Con una premessa: di Valeria Corciolani avevo parlato tempo fa (qui) e in seguito recensito, a una settimana di distanza, un suo romanzo (qui). Avevo letto anche qualcos’altro di lei nel tempo, un paio di romanzi su di una serie rosa-gialla di piacevole lettura – della serie “La colf e l’ispettore”: poi basta.
E ora mi imbatto sul suo ultimo libro che inaugura una nuova serie. Mi incuriosisco (in aggiunta al solito problema: cosa leggo stasera a letto?)
Ed ecco: protagonista una quasi sessantenne Edna Silvera, dal carattere che viene definito, eufemisticamente “poco accomodante”; storica dell’arte, docente universitaria e restauratrice di grande talento, tra le altre cose si deve occupare della madre, Zara, ex celebre violoncellista, ora ultraottantenne dal carattere, a sua volta, non accomodante, ma con qualcosa di più: impegnata pervicacemente nel far fuggire badanti.
Dopo un incipit, e un primo breve capitolo che, va detto, lascia il lettore incuriosito ma inizialmente perplesso dall’incontro con un personaggio senza nome e senza identità – di lui comprenderemo solo che aborre il colore giallo e che dovrebbe esser caduto da un albero essendosi illuso di poter volare – la storia prende avvio a partire da una divertente performance della coppia madre-figlia.
Le due paiono da subito sostanzialmente identiche nel carattere ma totalmente diverse nella cura della propria persona: abiti comodi ed eccessivamente tendenti al casual la figlia, che vive sola con un gatto e prendendosi cura di sei galline (che intrattiene con la musica degli Abba; ad ognuna delle quali ha dato il nome di grandi vecchie glorie del cinema); esile e fragile la madre – “un corpicino da lemure e una cavalcante osteoporosi” – che si agghinda “come una Sant’Agata in processione già dalle prime luci dell’alba”.
C’è Kalina, badante rumena, in fuga dopo essere stata definita zingara semianalfabeta e cretina nonché picchiata con una bottiglietta di plastica vuota per una questione di fagiolini creduti essere dei piccoli fagioli. Ed è scontro figlia-madre.
“Ma ti senti quando parli? Sei una razzista, una stronza razzista. A dar botte di zingaro negro terrone. E proprio tu, figlia di una schiava berbera e moglie di un ebreo! Si può sapere perché?”
“Uh, quante storie – alza le spalle Zara – alla fin fine siamo tutti lo zingaro, il negro o il terrone di qualcun altro. (…) E comunque, per amor di precisione, Kalina viene dalla Romania e non sa distinguere i fagioli dai fagiolini, quindi associarla all’etnia Rom e constatare la sua analfabetizzazione è filologicamente corretto. (…)”
La vegliarda si trova tuttavia costretta ad ammettere, con riserva, di aver lievemente ecceduto:
“(…) diciamo che i colpi non erano forse lievissimi e che sul momento mi hanno procurato anche una certa soddisfazione, ma l’intento primario era pedagogico”.
Kalina nel frattempo sbatte la porta e se ne va, con una mano trascinando un trolley e con l’altra portando con sé una pesante padella di ghisa, che avrà un suo ruolo nella storia.
A personaggio si unirà personaggio, nessuno secondario; tutti, anche i minori, cammei disegnati a tutto tondo. Storie e personaggi entreranno in scena, inattesi ed insieme perfettamente essenziali alla composizione del quadro; si comporranno le dovute relazioni e il poliziesco – perché di tale genere si tratta – manterrà il filo di una trama complessa, caratterizzata da inattesi di colpi di scena, fino al dipanarsi di una storia che, a ben vedere, troverà proprio nelle storie di vita, principali o secondarie che siano, uno scioglimento inatteso e stupendamente ovvio.
La storia: La professoressa Edna Silvera assumerà, molto malvolentieri, l’incarico di tenere una conferenza nell’ambito dei settecento anni dalla morte di Dante, in un paesino sperduto dove il Sommo è transitato, ecc. ecc.
Nel recarsi al paesino per organizzare l’evento – montagna, strada impervia e, a un certo punto, vento e pioggia a rovesci – Edna entra in un negozio antiquario, dove incappa nel cadavere del titolare che, per come si presenta la scena, è stato con ogni evidenza vittima di un omicidio.
È accompagnata, in questo frangente, dall’Assessora alla cultura del paese che provvede a chiamare la polizia mentre la nostra professoressa, curiosando, incappa in un dipinto su legno che pare di nessun valore ma, forse… e tutto ha inizio.
Dentro questa storia ci sta di tutto: informazioni sulla pittura medievale, sui colori, sui loro usi e sui loro significati, sulle credenze alchemiche, sulla storia della nostra religione e dei suoi miti. Ci stanno riflessioni sulla funzione del caso nei fatti della vita, sull’improbabilità delle coincidenze e del loro presentarsi. Tutto molto interessante.
In verità, con tutto il materiale, con tutte le storie, gli abbozzi di storie potenziali, le aree di interesse, che Valeria Corciolani ha messo in gioco in questa storia verrebbe da dirle che tutto quel materiale sarebbe stato sufficiente per quattro libri almeno.
Tutto si tiene, peraltro, in questa storia; e il lettore si troverà immerso dentro una girandola di interessi, accadimenti, possibilità tali da… e va bene: potremmo dire, e magari sperare, che tutte le tessere del puzzle siano state poste sul tavolo per far sì che, da qui in poi, la serie si dipanerà, per noi, con tutti i personaggi, svariati e originali (nonché se vogliamo, improbabili da immaginare in relazione tra loro) che già ci saranno divenuti familiari.
Confesso che non vedo l’ora di leggere una prossima storia. Salvo inciampi non probabili, se serie sarà credo che me la berrò tutta (magari diversamente apprezzando ma senza prevedere, per ora, la possibilità di una rinuncia).
Ora, tuttavia, mi pare necessario condividere qualcosa in merito alla produzione di questa autrice.
Nata a Chiavari, dove vive con marito e figli, si è laureata all’Accademia di Belle arti di Genova, e lavora come scrittrice e illustratrice. Ad oggi ha al suo attivo, se ho ben raccolto la sua produzione, quattordici romanzi/racconti scritti e pubblicati nel corso di undici anni, a partire dal suo primo romanzo, “Lacrime di coccodrillo”, pubblicato con Mondadori.
Partenza alla grande, dunque. Cui seguirà una produzione degna quantomeno di una ottima artigiana della narrativa: perché mi vengono alla mente i grandi autori dell’800 francese che, sui giornali, pubblicavano a puntate i loro “romanzi d’appendice”, i ben noti “Feuilletons”?
Erano autori-artigiani della penna-grandi romanzieri che, pagati un tot a parola, dovevano, per vivere, scrivere e scrivere e scrivere – per poi uscirsene, per dire, con “I tre moschettieri”. E con molto altro, per la verità.
Bene, a distanza di due anni, Valeria Corciolani pubblica, sempre per Mondadori e con altri autori (tra cui Loriano Macchiavelli e Francesco Guccini) un racconto nella raccolta “Giallo Panettone.”
Seguiranno (dimenticata (da) Mondadori?) scelte/opzioni editoriali alternative.
È il 2014 e Valeria Corciolani pubblica ora con Emma Books, una Casa Editrice digitale: si legge nel sito, “nata nel 2011 dall’incontro tra Bookrepublic e Grandi&Associati. Interessata a tutte le sfumature del romance e attenta alle tematiche dell’universo femminile, Emma Books pubblica autrici affermate, esordienti di alta qualità e classici della letteratura femminile.”
Ripubblica innanzitutto “Lacrime di coccodrillo”. Da notare: il volume edito da Mondadori è ancora in catalogo, se ho visto bene.
Seguiranno:
“Il morso del ramarro” – 2014; “Peso dolce. La ricetta delle possibilità” – 2015; “La mossa della cernia” – 2016; “Il gatto, l’astice e il cammello” – 2017.
Ed ecco ancora un cambiamento (Emma Books non reggeva il suo ritmo? Qualcosa ha interrotto la collaborazione? Era necessario/opportuno scegliere anche la versione cartacea delle opere?).
La scelta cade su Amazon Publishing, con cui pubblica i sei romanzi della serie “La colf e l’Ispettore:
“Acqua passata” – 2017, vol. 1/6) ; “Non è tutto oro” – 2018, vol. 2/6); “A mali estremi” –2018, vol. 3/6); “E come sempre da cosa nasce cosa” – 2019, vol. 4/6; “Peggio per chi resta” – 2020, vol. 5/6; “Il tempo fa le pietre” – 2021, vol. 6/6.
Nel mentre, aveva pubblicato:
“Il bivio: Antologia di racconti noir” – Oakmond Publishing 2018
“Mephisto: racconto mefistofelico” – Oakmond Publishing 2018.
E ancora: “Mai perdere la testa” – Ed. Grappolo di Libri; edizione illustrata, per bambini, dai 4 anni – 2019
Ed ora: è il 2021, ed esce “Con l’arte e con l’inganno”, che dovrebbe costituire l’avvio di una nuova serie, pubblicato da Rizzoli: Valeria Corciolani riprende a pubblicare nell’ambito del Gruppo Mondadori?
Sono molto incuriosita, dico la verità. Vorrei capire qualcosa di più, o capire meglio, questo strano mondo dell’editoria.
C’è qualcosa nell’aria, per dire, di analogo a ciò che erano stati, per l’appunto, i Romanzi d’appendice ottocenteschi, dove gli autori iniziavano a farsi conoscere – attraverso un apprendistato? In un <luogo> dove si producevano libri popolari, per un target di lettori che, con il crescere dell’alfabetizzazione, cominciavano a costituire una significativa e, fino a poco tempo prima, inedita realtà di massa? Prima di venir selezionati per la Grande Editoria? Non tutti, ovviamente.
Il romanzo a puntate costituiva, per il quotidiano, per il settimanale, anche un richiamo, un vantaggio pubblicitario che spingeva i lettori all’acquisto. A questo si univa una seconda, importante utilità in quanto operazione proattiva per il diffondersi della lettura – di libri ma anche di quell’importante fondamento della cittadinanza e della libertà che ha, alla base, una popolazione informata attraverso la stampa: letta la nuova puntata de “I tre moschettieri”, volevi non essere incuriosito dai fatti del giorno/della settimana, e non leggere anche il giornale?
O oggi? Non esiste più il romanzo d’appendice. Anche la stampa periodica, per la verità, se la passa meno bene. Esiste altro, dalle serie TV a – cosa? Il self publishing? È un tema non da poco. Che riguarda tutti: non i soli “lettori”.
Dimenticavo: lo scorso autunno, se non sbaglio, sono state girate dalla Società di Produzione Cima Prod le riprese per il film tratto da “Il morso del ramarro”, per la regia di Maria Ludovica Martini e la sceneggiatura di Juan Bautista Stagnaro[i]