Ivy Compton-Burnett, Un’eredità e la sua storia, Adelphi Edizioni 2001
Nell’ultima chiacchierata sulle letture in corso ho già presentato quest’autrice, di cui tuttavia voglio proporre in particolare questo romanzo. Non perché sia il suo migliore, ammesso che, specialmente sulle opere di Ivy Compton-Burnett si possano fare classifiche di questo tipo ma perché, a mio parere, è uno dei suoi romanzi più gradevoli, che si legge con il sorriso (nel retro del quale c’è, comunque, sempre, un leggero stridor di denti: non del tutto spiacevole, no.)
Mi dilungherò dunque sulla sinossi, ed eccederò un po’ in citazioni di dialoghi, dato che, al di là della storia narrata, sono senza dubbio l’elemento prevalente in questa scrittura. Se ne viene travolti, non c’è respiro, e ci si chiede come mai l’autrice non abbia scritto per il teatro. La casa, i personaggi, i dialoghi, sono visibili. Non si ‘leggono’, si ‘odono’ e si ‘vedono’.
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