Avevo raccontato, nel precedente “Avviso” (qui), l’uscita, in e-book, di una mia lunga fiaba per bambini: esito di attività nonnesche che, forse, sono state semplicemente, se non un alibi, il detonatore di un interesse che avevo sempre avuto e, stranamente, mai in precedenza messo a fuoco.

Il Paese di Chebello”, di cui avevo dato notizia a febbraio, era un e-book che ancora non disponeva della versione cartacea; e avrebbe dovuto esser seguito da una seconda fiaba, un seguito della prima – “La casa dello gnomo: nel Paese di Chebello” – in ottemperanza a una richiesta nipotesca da me subito colta: e dunque sono seguiti il secondo e-book e il secondo cartaceo.

Anche in questo caso il titolo è fuorviante: più che mai. Lo uso, per assenza di alternative valide. Perché ho qualcosa, di personale, da raccontare.

È uscito in e-book una mia <fiaba-racconto lungo>, che ho scritto per i miei primi due nipoti – un tempo era stata una fiaba per i miei figli; ma le nonne funzionano meglio, in queste cose; con maggior professionalità.

“Il Paese di Chebello” era stata, a modo suo, un fiaba ecologista ante litteram. Oggi, è scritta per la lettura da parte dei nonni e dei genitori a bambini abbastanza grandi per desiderare, ed essere avviati, a testi più lunghi della fiaba classica; per essere letti a brevi puntate; o perché bambini in prima età scolare inizino a misurarsi con la lettura autonoma.

Età consigliata: 5 – 9 anni: un’età in cui c’è ancora il bisogno-piacere di incontrare la fiaba e la magia; quando i più grandicelli desiderano ancora, magari in privato, regredire un po’; quando c’è il bisogno-desiderio di incontrare storie appena un po’ più articolate senza, per questo, abbandonare la fatina dei denti – per allontanare il sospetto, ormai una quasi certezza faticosamente negata, dell’esistenza di Babbo Natale & co.

Il giardino di ElizabethElizabeth von Arnim, “Il giardino di Elizabeth”, Bollati Boringhieri 2002

Il giardino di Elizabeth è un romanzo che ‘parla’ di fiori e della cura di un bellissimo giardino, ma ‘racconta’ tutt’altro, e questo altro costituisce tutto il significato del giardino, che Elizabeth ama appassionatamente, a cui dedica tutte le sue energie e tutto il suo tempo.

L’<altro>, che costituisce il vero corpo del romanzo, è narrato così come si narrano il clima, le ambientazioni, sociale e familiare, il mondo in cui la storia si dipana, e mostra la tranquilla, talvolta ilare, più spesso ironica e allegramente testarda battaglia di Elizabeth per la propria esistenza: di donna, di moglie, di scrittrice.

Una stanza tutta per séCi si avvia a fine anno, questo mese di dicembre trascorrerà veloce e sarebbe quasi ora di riflettere su questa scrittura. Ci penserò con il nuovo anno e magari sarebbe bello che qualcuno lo facesse con me.

Ma vorrei cominciare, magari un po’ a casaccio, come è uso in questo spazio, a condividere qualche inizio di pensiero, sperando ne esca qualcosa che possa suscitare anche l’interesse di chi legge.

J. Mainard Keynes. Speranze tradite 1883 - 1920Ho infine ho compiuto la mia gita in libreria in modo soddisfacente. Si trattava di scegliere una libreria, se vogliamo definirla così, di nicchia, pregevole: Editrice SS Quaranta di Treviso. Ne ho ricavato un bottino originale. Val la pena di farne la storia, partendo da una premessa: questa libreria tiene anche vecchie scelte edizioni di libri che non si trovano più, o si trovano con difficoltà, o sono edizioni fuori commercio.

Entro nella libreria, che è molto piccola, per cui si incontra immediatamente il banchetto dei libri: e infatti l’occhio trova subito un bel volumone, Bollati Boringhieri, 500 pagine, sovracopertina bianca, titolo “John Maynard Keynes. Speranze tradite. 1883 – 1920” di Robert Skidelsky. E in questi giorni io sto leggendo, di Keynes,Il grande crollo”: lettura pomeridiana, di grande soddisfazione.

La natura diacronica della coscienzaNell’ultima settimana ho fatto una (falsa) partenza verso una attesa gita in libreria: programmato un tempo idoneo e partita, ne sono tornata delusa, con due soli libri in mano: un romanzo dal titolo accattivante “Svegliamoci pure ma a un’ora decente”, di Joshua Ferris (giovane autore a me sconosciuto), editore Neri Pozza, e un libriccino “La natura diacronica della coscienza” di Julian Jaynes: un piccolo Adelphi di colore blu, un trentina di pagine.

Il romanzo mi era parso corrispondere alla mia idea di leggerezza e qualità; la quarta di copertina confermava positivi, anzi entusiastici, giudizi.

Il 22 agosto scorso è morto, all’età di 84 anni, lo scrittore giornalista Peter Opkirk, l’autore de “Il Grande Gioco. Non so perché, la notizia mi ha provocato, con il dispiacere, uno forma di stupore. Certo, era anziano, ma in qualche modo, aspettavo inconsapevolmente la sua parola per leggere gli eventi cui stiamo assistendo ora, mentre…il gioco continua.

E mi viene in mente, sono ormai passati sette anni dalla morte di Ryzard Kapuscinski. Un’altra voce che ci raccontava, che mostrava il mondo e il tempo. Che continua a parlare nei suoi libri. Ancora da leggere e rileggere.

Parentesi: Tra i suoi tanti, tutti bellissimi, libri, se non avete ancora letto “In viaggio con Erodoto” è il momento di farlo. Poi leggerete sicuramente gli altri.

Michael Cunningham, “Le ore”, Tascabili Bompiani 2012, XIV Edizione

Cunningham scrive un libro che riecheggia, anche nello stile, come un omaggio, “La signora Dalloway”, il primo dei quattro grandi romanzi della produzione centrale di Virginia Woolf (seguiranno “Gita al faro”, “Le onde” e “Tra un atto e l’altro”, ultimo della sua vita, al termine della cui scrittura Virginia si suiciderà e che sarà pubblicato postumo).

Sto affastellando letture diverse. Nell’ultimo mese ho letto “Le ore” di Michael Cunningham, (il titolo ripete quello che era stato il titolo provvisorio del romanzo La signora Dalloway, di Virginia Woolf, al quale vuol essere un omaggio); e ho letto “I cani e i Lupi” di Irene Nemirovsky: di questi due libri forse scriverò.