Sul Grappa dopo la vittoriaPaolo Malaguti, “Sul Grappa dopo la vittoria”, editore Santi Quaranta 2014 (quinta edizione)

Non so perché ho atteso tanto a leggere questo libro, per il quale ogni momento sarebbe stato quello giusto. In ogni momento vi è, da qualche parte, una guerra, un dopoguerra; e ora la guerra si è avvicinata a noi. Forse questo è dunque il momento giusto, quello in cui qualcuno, oggi, parla come se avesse “voglia di inzupparsi di nuovo gli scarponi nel sangue”. O farli inzuppare agli altri dato che, solitamente, chi propaganda la guerra non è chi poi viene mandato a farla.

Viviane Elizabeth FauvilleJulia Deck, “Viviane Élizabeth Fauville”, Adelphi 2014

Un romanzo d’esordio, un noir molto particolare in cui, anche se gli ingredienti del genere ci sono tutti, qualcosa, molto, non segue le vie prescritte.

La trama: una donna, Viviana Élizabeth Fauville in Hermant, manager quarantaduenne alla Betons Biron, madre di una bambina di dodici settimane, vive a Parigi in un appartamento nel quale ha recentemente traslocato dopo la separazione dal marito. Viviane è da tempo in cura presso uno psicanalista, il dr. Jacques Sergent.

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Shah_of_iran Mohammad Reza Pahlavi

Hamid Ziarati, “Salam, maman”, Einaudi 2006.

Questo è un romanzo che regala una lettura gradevole, e molto altro; una bella narrazione, a cavallo tra il racconto autobiografico, la storia di un tempo e un luogo, l’Iran – la Persia – degli anni ’60; una finestra su di un mondo islamico ricco delle sue tradizioni e, a quel tempo, sulla via del benessere, figlio della modernità che si stava costruendo, in quel paese così come nei paesi occidentali: l’acquisto del primo apparecchio televisivo, i figli e le figlie da far studiare; la storia di una famiglia, una mamma, figura centrale e affettuosamente autoritaria, e quel saluto, che intercala quasi ogni parola che i figli le rivolgono – salam, maman – che descrive un modo d’essere, un’educazione ricevuta, un rispetto della forma carico di sostanza.

MieleIan McEwan, “Miele”, Einaudi 2012

Con questo libro si entra in una spy story molto particolare che mostra la faccia burocratica del British Security Service, le ragazze dell’archivio, le dattilografe che trascrivono le informative degli agenti, un mondo di noia e piccole chiacchiere al bar tra ragazze malpagate che cercano, tra gli agenti, l’uomo da sposare per poter lasciare un lavoro deprimente che offre niente più della sopravvivenza. Un ambiente di lavoro che burocratizza la richiesta di serietà, segretezza, compostezza nei comportamenti mentre, dietro e a fianco di quei rapporti da trascrivere e archiviare, appena fuori dagli uffici, brulica la vita normale.

mattatoio n 5Kurt Vonnegut, “Mattatoio n. 5 o La crociata dei bambini”, Feltrinelli 2014

Leggere questo libro, rileggerlo è un’emozione che non saprò descrivere. So di non poter restituire la dolcezza, proprio la dolcezza, con cui Vonnegut ripercorre e trasmuta, per potercene parlare, e per poter non tradirli, i suoi ricordi del bombardamento della città di Dresda.

E, non so come possa avvenire, ma è ‘dolcezza’ la parola che descrive l’emozione dell’orrore e dell’affetto, assurdamente uniti, che uno che c’era ci consegna, per tutti noi, per tutte le vittime, e per chi ha avuto la sfortuna di sopravvivere, e per chi ha avuto il destino di essere colpevole, per l’impossibilità, per chiunque, dell’innocenza, e per il fatto che ‘così va la vita’, seguendo il refrain che percorre tutto il libro.

Il giardino di ElizabethElizabeth von Arnim, “Il giardino di Elizabeth”, Bollati Boringhieri 2002

Il giardino di Elizabeth è un romanzo che ‘parla’ di fiori e della cura di un bellissimo giardino, ma ‘racconta’ tutt’altro, e questo altro costituisce tutto il significato del giardino, che Elizabeth ama appassionatamente, a cui dedica tutte le sue energie e tutto il suo tempo.

L’<altro>, che costituisce il vero corpo del romanzo, è narrato così come si narrano il clima, le ambientazioni, sociale e familiare, il mondo in cui la storia si dipana, e mostra la tranquilla, talvolta ilare, più spesso ironica e allegramente testarda battaglia di Elizabeth per la propria esistenza: di donna, di moglie, di scrittrice.

Una stanza tutta per gli altriAlicia Giménez-Bartlett, “Una stanza tutta per gli altri”, Sellerio 2006

Alicia Giménez-Bartlett, interpreta e documenta in questo ‘romanzo‘ la storia di vita di Nelly Boxall, domestica per più di vent’anni nella casa di Leonard e Virginia Woolf. E, attraverso Nelly, ci fornisce un punto di vista non celebrativo sulla vita e sulla personalità della Woolf e sul mondo delle sue relazioni, il cosiddetto gruppo di Bloomsbury.

Il libro si sviluppa provenendo dalla voce diretta di Nelly, di cui l’autrice finge (in modo documentato) ci sia pervenuto un diario regolarmente tenuto negli anni in cui è stata al servizio dei Woolf.

P1060109Ruth Rendell, “La morte non sa leggere” (titolo originale “A judgement in stone”)[i]

Questa è una rilettura. Ed io che amo il poliziesco classico – omicidio, poliziotto, indizi, indagini, scoperta del colpevole e trionfo della ‘giustizia’ – ho mantenuto una memoria particolare per questo noir anomalo, che inizia, rovesciando lo schema, dall’informazione sull’avvenuto sterminio dell’intera famiglia Coverdale, padre madre e due figli, da parte di Eunice Parchman, bravissima governante di casa, compiuto insieme alla sua amica Joan Smith, per nascondere il fatto di essere analfabeta.

Il paese delle neviKawabata Yasunari, “Il paese delle nevi”, Einaudi 2014

Non so se questa potrà essere una recensione. Sto ancora riprendendomi dalla lettura. Il che richiederebbe la seconda lettura, e so che non rileggerò questo libro. Non a breve. Ma non lo dimenticherò. E so che sono contenta di averlo letto. Scriverne mi permetterà di metterne a fuoco il senso, che ha avuto per me, ovviamente.

È inverno. Si apre la stagione sciistica nel paese delle nevi, che vive di turismo (la stagione sciistica, il periodo autunnale in cui ammirare le foglie di acero). Si intravvedono, sullo sfondo, degli invisibili che lavorano (un capostazione, il personale dell’albergo, il portiere, le cameriere).

L'estate senza uominiSiri Hustvedt, “L’estate senza uomini”, Einaudi 2013

 Incipit: “Qualche tempo dopo che lui aveva detto la parola ‘Pausa’, impazzii e finii in ospedale. Non aveva detto “Non voglio vederti mai più”, oppure “E’ finita” ma dopo trent’anni di matrimonio ‘Pausa’ bastò a trasformarmi in una matta i cui pensieri si scontravano esplodendo e rimbalzando come pop corn nel microonde”.

Il seguito è leggerezza e profondità, sorriso e ironia lieve, dolore buono, se si può dire così, e persino allegria. Ed è corporeità. Buona e integra.

La trilogia della città di KAgota Kristof, “La trilogia della città di K”, Einaudi 2014

Si trovano in camera nella casa della gioventù. Claus scioglie il cordino con cui è legato il suo vecchio cappotto. Posa cinque quaderni sul tavolo. Peter li apre uno dopo l’altro.”

“Sono veramente curioso di sapere cosa contengono questi quaderni. E’ una specie di diario?”

Claus dice:

“No, sono delle menzogne.”Delle menzogne?”

“Sì, delle cose inventate. Delle storie che non sono vere ma potrebbero esserlo.”

Scelgo di cominciare dalla fine, dal punto in cui (“La Terza Menzogna“) si avvia lo scioglimento della storia, se così si può dire, perché niente, in questa storia, è costruito per essere sciolto.

Tutte le animeJavier Marìas, “Tutte le anime”, Einaudi 2006

‘All Souls College’ di Oxford. ‘Tutte le anime’: il titolo di questo bellissimo libro non è fuorviante. Diverse ‘anime’ compongono infatti il mosaico di narrazioni che il protagonista, voce narrante, ci fa conoscere, raccontandoci il periodo di due anni da lui trascorsi con un incarico di docente di letteratura spagnola a Oxford.

Il narratore è un giovane professore spagnolo che scrive per fissare l’esperienza del suo periodo oxoniense, esperienza che definisce “di turbamento” mentre, essendo lui, per carattere, persona tutt’altro che turbata – questo egli afferma di sé – tutto finirebbe per esser dimenticato: “Anche i morti, che sono metà delle nostre vite, ciò che compone la vita insieme ai vivi, senza che in realtà sia facile capire che cosa separa e distingue gli uni dagli altri; intendo dire i vivi dai morti che abbiamo conosciuto da vivi. E finirei per cancellare i morti di Oxford. I miei morti, il mio esempio.

La forza del passatoHo completato la lettura di questo romanzo, ormai datato (prima edizione dell’anno 2000), di Sandro Veronesi, di cui avevo letto qualche anno fa unicamente “XY”, libro che avevo messo da parte riservandomene una rilettura (che finora non c’è stata). Mi era parso un libro che aveva delle possibilità, la scrittura era interessante, e anche l’idea poteva esserlo; non ne ero rimasta convinta ma nel contempo esitavo a rinunciare a questo scrittore. Cosa che invece, per tre anni, ho evidentemente fatto.