Nazim Hikmet 1901 - 1963Terminata la rilettura, estemporanea e un po’ frenetica, di “Il signore degli Anelli”, mi sono accorta che, a seguito di “Sul Grappa dopo la vittoria” non ero in grado di leggere il libro che avevo in attesa, vale a dire “Come cavalli che dormono in piedi”, di Paolo Rumiz, una storia che mi avrebbe ricondotto dentro l’”inutile strage” della Grande Guerra, per usare le parole di papa Benedetto XV.

il signore degli anelliQuesta chiacchierata non può che titolarsi così: “Intermezzo”. Perché i giorni della mia ultima settimana, dal punto di vista della lettura, sono stati particolari. E qui, ora, non posso far altro che raccontare e trarne qualcosa.

Dunque. Stavo terminando la lettura di “Sul Grappa dopo la vittoria”, libro che mi aveva entusiasmato fin dalle prime pagine, quando ancora non mi aspettavo quello che ho poi incontrato, la “potenza” delle pagine centrali, quello sguardo senza difesa sulla montagna devastata, sui morti, sull’abbandono e l’orrore. Lo ripeto: un grande libro, di cui solo dopo averlo terminato mi sono resa conto che la voce narrante non era quella di un anziano reduce (“Sono venuto al mondo il 13 luglio 1908”) ma la creazione, forse la restituzione, da parte di una voce che appartiene alla generazione dei pronipoti. Grande.

Sul Grappa dopo la vittoriaPaolo Malaguti, “Sul Grappa dopo la vittoria”, editore Santi Quaranta 2014 (quinta edizione)

Non so perché ho atteso tanto a leggere questo libro, per il quale ogni momento sarebbe stato quello giusto. In ogni momento vi è, da qualche parte, una guerra, un dopoguerra; e ora la guerra si è avvicinata a noi. Forse questo è dunque il momento giusto, quello in cui qualcuno, oggi, parla come se avesse “voglia di inzupparsi di nuovo gli scarponi nel sangue”. O farli inzuppare agli altri dato che, solitamente, chi propaganda la guerra non è chi poi viene mandato a farla.

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Prime pagine di “Dalla parte di Swann”, con le correzioni e revisioni a mano dell’autore. Da: Wikipedia.org

Recensendo il bel romanzo di Uras “Io e Proust” ho parlato anche della voglia che prende di rileggere, o leggere, o riprendere la lettura, della Recherche – e andare alla ricerca del tempo perduto.

La monumentalità dell’opera di Marcel Proust frena, non c’è dubbio. Ma è altrettanto certo che i romanzi sono leggibili e godibili anche separatamente: non occorre assolutamente ingurgitarli tutti di fila, ognuno di questi romanzi si legge di per sé e ognuno di noi ci si può ritrovare, perché ognuno di noi ha assaggiato, una volta o l’altra, l’equivalente di una madeleine della memoria.

Come cavalli che dormono in piediCi sono libri sparsi intorno a me, acquisti recenti e non, che hanno tuttavia aspettato il momento giusto perché qualcos’altro ha attirato la mia attenzione e il mio desiderio ma che hanno mantenuto un loro posto nelle mie attese. Credo sia venuto il loro momento, dopo la prossima recensione del libro di Michaël Uras, “Io e Proust” che avevo preannunciato.

Avevo già accennato a due di questi libri in attesa, nelle letture di dicembre, ma mi ripeto volentieri magari iniziando a darne qualche informazione per chi già non li conosce e potrebbe cominciarne la lettura senza aspettare me, giusto?

Viviane Elizabeth FauvilleJulia Deck, “Viviane Élizabeth Fauville”, Adelphi 2014

Un romanzo d’esordio, un noir molto particolare in cui, anche se gli ingredienti del genere ci sono tutti, qualcosa, molto, non segue le vie prescritte.

La trama: una donna, Viviana Élizabeth Fauville in Hermant, manager quarantaduenne alla Betons Biron, madre di una bambina di dodici settimane, vive a Parigi in un appartamento nel quale ha recentemente traslocato dopo la separazione dal marito. Viviane è da tempo in cura presso uno psicanalista, il dr. Jacques Sergent.

Metafisica dei tubiMi trovo di fronte ad una domanda, o forse, meglio, a un dubbio, importante: sto chiedendo, da sempre, molto ai libri, e anche se, così facendo, non ho mai subito grandi delusioni, mi chiedo se sto chiedendo troppo, a troppi libri. Occorre sapere, ma anche scegliere, che tipo di lettura si sta incontrando.

Se il leggere è piacere, attività che ha a che fare con il gioco, e lo è, questa sua funzione si accompagna ad altre funzioni. Il leggere è accompagnare il pensiero, cercare e trovare un interlocutore; la lettura è dialogo e, come in ogni dialogo che si rispetti, in esso si realizzano scambi nei quali ambedue gli interlocutori modificano il loro punto di vista e il lettore scopre che anche il libro, nella relazione con lui, cambia, dice cose diverse da ciò che aveva affermato al primo approccio, in modo categorico, in coerenza con la sua apparente natura oggettuale.

220px-Elias_Canetti_2Nato nel 1905, in Bulgaria, premio Nobel 1981 per la letteratura; al suo attivo un solo grande romanzo, “Autodafé“, un trattato, “Massa e Potere“, tema la psicologia di massa e una bellissima autobiografia, che è molto più di ciò, in tre volumi più uno; e, soprattutto, molto altro.

Poliglotta, se vogliamo dire così, per nascita: ebreo bulgaro, la cui lingua dell’infanzia è stato il giudeo-spagnolo e, naturalmente, il bulgaro, sua lingua nazionale, ha vissuto nella lingua tedesca la parte formativa della sua vita, e in tedesco ha scelto di scrivere le sue opere.

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Shah_of_iran Mohammad Reza Pahlavi

Hamid Ziarati, “Salam, maman”, Einaudi 2006.

Questo è un romanzo che regala una lettura gradevole, e molto altro; una bella narrazione, a cavallo tra il racconto autobiografico, la storia di un tempo e un luogo, l’Iran – la Persia – degli anni ’60; una finestra su di un mondo islamico ricco delle sue tradizioni e, a quel tempo, sulla via del benessere, figlio della modernità che si stava costruendo, in quel paese così come nei paesi occidentali: l’acquisto del primo apparecchio televisivo, i figli e le figlie da far studiare; la storia di una famiglia, una mamma, figura centrale e affettuosamente autoritaria, e quel saluto, che intercala quasi ogni parola che i figli le rivolgono – salam, maman – che descrive un modo d’essere, un’educazione ricevuta, un rispetto della forma carico di sostanza.

Massa e PotereE nel frattempo sono contenta perché ho dei buoni libri in corso di lettura. Uno, come sempre, trascinato dalla scia dei precedenti; qualcun altro, un paio di buoni romanzi, per attrazione casuale, un consiglio, un prestito, cose così.

I romanzi: il primo, di cui ho terminato la lettura, è “Salam, maman”, di Hamid Ziarati, Einaudi 2006. Non è una novità, ma lo è per me, che non conoscevo questo autore di cui sicuramente leggerò altro. Incidentalmente, anche in questo libro si trovano voci dell’infanzia e rituali domestici tradizionali, prima della e insieme alla storia di una famiglia e dell’Iran, a cavallo tra scià Reza Pahlavi, la rivoluzione komeinista e la sua tragica realizzazione.

427px-Philip_Pullman_2005-04-16Inglese, nato nel 1946 a Norwich, è considerato autore di libri per ragazzi anche se, indiscutibilmente, la sua opera è difficilmente confinabile in questa categoria.

La trilogia “Queste oscure materie” è stata oggetto di pesanti critiche in quanto considerata, in alcuni ambienti, un attacco alla religione cristiana, un modo per screditare la funzione della Chiesa nel mondo. Questo “attacco” sembra essere sorto anche dal corrispettivo “attacco”, da parte di Pullman e in senso opposto, alle “Cronache di Narnia” di C. S. Lewis, storie caratterizzate da una visione cristiana del mondo e dei valori, da una rappresentazione della lotta tra il bene e il male priva di sfumature.

L'ultimo elfoSilvana De Mari, “L’ultimo elfo”, Salani edizioni 2008

Questa è una lunga fiaba. E’ la storia di un elfo bambino, Yorshkrunsquarkherzljolnerstri, detto Yorsh. In questa storia ci sarà, come in ogni fiaba, l’assunzione del compito al quale Yorsh, l’eroe, è destinato; ci sarà l’antagonista, anzi, ben più d’uno, che si riveleranno come veramente tali solo dopo che l’eroe avrà compreso e assunto il proprio compito; ci sarà il premio, certo, la principessa? anche, ma solo dopo molto tempo e una lunga storia, e no, non era la principessa il premio per il quale l’eroe si batteva, non in questo primo libro, in cui è solo intuita, e anche lei in funzione di eroina.

Quando teresa si arrabbio con DioDire che un libro ci è piaciuto equivale a dire che si tratta di un buon libro? Non in assoluto. Così come non è obbligatorio trovar piacevole la lettura di tutti i buoni libri.

Uso il termine ‘buoni libri’ assumendo che la definizione sia sufficientemente ampia e generale da consentire un accordo: libri scritti bene, il cui contenuto abbia una struttura riconoscibile, narrativa o esplicativa di un tema, accreditati come tali dalla critica e dai lettori.